Anonima intangibili - Storie marziane
vita e sui suoi significati, condotta con grande leggiadria; a “La Sindrome di Randy”, dove
il travaglio psichico è ricondotto nell’ambito d’una vicenda familiare e quindi a misura
d’uomo, e dove è nuovamente notevole la fantasia dell’idea centrale; a “Un pizzico di
Neandertal”, che rinnova con intelligenza il classico tema del pianeta con qualcosa di
strano, inserendolo però in un curioso gioco di scatole cinesi (un racconto con cornice, se
vogliamo dire così). Questi cinque lavori coprono un arco di tempo che va dal 1960 al ‘69;
e “Automatico Lunare” è l’ultima opera scritta. Segno che questa nuova tendenza, che
abbiamo cercato di delineare a grosse linee, s’è presentata anche ad Aldiss come una
possibilità di risultati ulteriori. L’antologia, nel suo complesso, è di qualità eccezionale.
Vorremmo ancora far rilevare, come ultima cosa, il carattere talora freddo e quasi
respingente della prosa: l’unico, appunto, adatto a delineare situazioni che evadono
dall’ambito umano per cercare d’afferrare un livello esistenziale più concreto ed
autosufficiente. Infine ci sia concesso ringraziare Riccardo Valla e la professoressa
Giuseppina Silva Micheli, che hanno fornito al traduttore preziosi suggerimenti per la
terminologia propriamente scientifica.

Storie marziane
Questo è il numero natalizio della nostra rivista (con un ghiottissimo boccone per tutti gli
appassionati: il magnifico ciclo marziano di Leigh Brackett, una firma che molti lettori ci
hanno richiesto con insistenza), e ci pare pertanto opportuno un discorso riassuntivo sulle
scelte e la politica generale dell’anno che volge al termine. Come scrivevamo
nell’editoriale del n. 21 del Bollettino dello SFBC, il nostro intento è stato quello di
presentare lavori e firme al più possibile nuovi. Entrando, più d’un anno fa, nella redazione
della rivista, abbiamo pensato che bisognava smuovere un po’ le acque; cercare di
presentare al pubblico italiano le nuove tendenze della fantascienza, che sono state
estremamente varie ed interessanti in tutto il mercato mondiale. Questa idea ci pare
obiettivamente ed onestamente d’averla rispettata: se vogliamo fare qualche nome,
citiamo Harness (un autore dimenticato che ha ottenuto clamorosi consensi tra i nostri
lettori, e che adesso anche la ‘concorrenza’ mette in rilievo); K. M. O’Donnell; Panshin;
Disch; Moorcock; Delany (altro autore veramente eccezionale, che presto ritroverete al
meglio di sé su queste pagine). Per onestà vogliamo comunque sottolineare un fatto: i
lavori di Dick, Heinlein, Norton, Hamilton, Simak, Silverberg e il Dare di Farmer sono stati
scelti da Ugo Malaguti. Operando nel senso detto sopra, ci pare d’aver raggiunto anche
un altro risultato: d’aver cioè ottenuto una rigorosa alternanza dei generi, passando
dall’opera sperimentale a quella classica, dal romanzo sui paradossi temporali a quello
dichiaratamente d’evasione. I lettori ci hanno reso atto della cosa, e ne siamo lieti; ci
pare in ogni caso che questa da noi adottata sia una soluzione soddisfacente per tutti. Il
giudizio complessivo del pubblico sulle nostre scelte è stato assai vario: chi ci ha
apertamente insultati, e chi ci ha portati alle stelle; chi ci ha capiti, chi no. Vorremmo
comunque rilevare che la situazione accenna a sbloccarsi solo al momento attuale: i primi
mesi della nostra attività sono stati contrassegnati da un pressoché totale silenzio dei
lettori. Le poche lettere che arrivavano (ne fa fede il Bollettino) contenevano giudizi
assolutamente drastici, il più delle volte campati per aria o comunque non suffragati da
ragioni concrete. E questa è una cosa che ci dispiace veramente: noi non vogliamo
ricevere solo elogi, non vogliamo sentirci dire di aver compiuto scelte mirabolanti; siamo
pronti ad ammettere i nostri errori. Solo che vogliamo e possiamo farlo esclusivamente
sulla base di discorsi realmente critici, non su opinioni personali i cui moventi ci risultino
forzatamente oscuri. Non stiamo facendo della retorica: siamo due persone oneste, ci
piace dire la verità. Così invitiamo molto cordialmente il nostro pubblico a farsi vivo con
sempre maggior forza, a scriverci su tutto quello che va o che non va; e promettiamo di
non lasciar cadere nessun argomento, cosa che del resto abbiamo fatto sino ad oggi.
Prospettive per il futuro? Le linee generali resteranno le stesse: perché a noi interessa
stimolare la discussione, accendere magari la polemica (la sana polemica letteraria,
intendiamoci bene, non le beghe da quattro soldi), fare insomma qualcosa di nuovo. Non è
senza orgoglio che noi guardiamo l’annata passata: accanto a qualche scivolone,
abbiamo fatto esattamente quello che era nelle nostre intenzioni; e Galassia 1970, bene o
male, sarà sempre una creatura nostra (per le scelte che ci riguardano, ovviamente), e
magari sarà uno dei ricordi più belli di tutta la nostra esistenza. Come speriamo per il 1971
e per molti anni a venire. Un’ultima parola, prima di passare all’introduzione a Coming of
the Terrans, ci sia consentito dedicarla a Destinazione Uomo. L’antologia italiana è stata
Primo Precedente Avanti Ultimo