L'inferno a rovescio
Come Kurt Vonnegut jr., come Walter Miller jr., Phihp José Farmer è stato, in Italia, la
vittima di una congiura di circostanze. Arriva da noi con qualcosa come tredici anni di
ritardo. E tredici anni fa, in Italia c’erano già pubblicazioni di fantascienza. Che ignorarono
Farmer con la stessa regolarità con cui ignorarono Miller e Vonnegut e John Christopher.
Ma il celeberrimo racconto The Lovers (che se non diede l’avvio alla satira sociologica
sessuale, inaugurata molto più tardi da Aldiss, pose per la prima volta in modo decisivo il
problema del sesso nella fantascienza) risale al 1952: più tardi, Farmer lo ampliò
ricavandone un romanzo altrettanto celebre e importante. The Lovers (versione racconto)
era stato offerto da Farmer a tutte le più celebri riviste specializzate americane, che lo
rifiutarono scandalizzate per la sua audacia. Ma quando finalmente una rivista di secondo
piano accettò di pubblicarlo, Fariner diventò di colpo celebre. Quando per la prima volta
vennero assegnati i Premi Hugo, nel 1953, Farmer fu il primo autore della storia a fregiarsi
di quel prestigioso Award, come “il nuovo autore della science fiction”. A The Lovers
seguirono altri racconti e altri romanzi incandescenti: poi l’autore ebbe pesanti traversie
economiche a causa del fallimento di un editore, disertò per qualche tempo la science
fiction, riprese a scrivere sfornando materiale tradizionale non sempre ottimo, fino a che,
in questi ultimi tempi, con l’affermarsi della fantascienza adulta, è entrato definitivamente
nel pieno favore del pubblico e dei critici, con romanzi recentissimi di nuovo degni della
sua fama, come questo Inside-Outside. In Italia, dell’esistenza di Farmer si era accorto
soltanto Ugo Malaguti (ma aveva avuto la fortuna di mettere le mani, lui, su una edizione
quasi introvabile dell’esauritissimo The Lovers). Regolarmente, in una lettera su tre,
Malaguti mi tesseva l’elogio di Philip José Farmer, autore nuovo, tragicamente grandioso,
spregiudicato e fortissimo. Ma ogni volta che lo pregavo di mandarmi in visione l’irreperibile
volume, Malaguti cambiava abilmente discorso. Però al mondo c’è una giustizia, così in
seguito Malaguti fu duramente punito della sua diffidenza: prestò a un amico il volume che
aveva così pervicacemente rifiutato di spedirmi, e non lo rivide mai più. Le mie personali
ricerche dei testi di Farmer non furono molto fortunate, d’altronde. I suoi capolavori più
scottanti erano esauriti e irreperibili. Riuscii a trovare soltanto un ottimo romanzo
avventuroso, che sé poteva farlo classificare all’altezza di un Hamilton e di un Williamson
non era però tanto rivoluzionario da giustificare la sua reputazione; poi incappai in alcuni
suoi racconti decisa- niente scadenti e, leggendo A Century of Science Fiction, curato da
Knight, in quel Sai! On! Sai! On!, grazioso ma modesto, che era ben lontano dal dare una
sia pur vaga immagine della potenza e dell’inquietudine che caratterizzano la sua migliore
produzione. Ma finalmente, anche Phihp José Farmer cadde nella rete: e la prima preda fu,
per ironica contraddizione, il suo ultimo romanzo, Inside-Qutside, sulla linea, più o meno,
di Mother o di The Lovers, i suoi testi più celebrati. Poi, piovvero anche altri romanzi, tutti
scrupolosamente presi in esame per destinazioni svariate. Ma intanto Inside-Outside,
L’inferno a rovescio, appare su Galassia, ad inaugurare la annata 1966. Sempre in forza di
quella giustizia di cui parlavo più sopra, InsideOutside, adocchiato per la prima volta da
me, esce nella collana il cui titolare è adesso Ugo Malaguti, che nell’assumere la redazione
della rivista ha confermato la scelta di questo terribile romanzo.
È quasi impossibile parlare di L’Inferno a rovescio senza anticiparne la trama e la
soluzione, entrambe inattese e abbaglianti. È un romanzo intessuto di disperazione e di
speranze assurde, di crudeltà e di terrori: qualche volta Farmer calca la mano, si
compiace di insistere su situazioni agghiaccianti e orribili, ma lo fa con lo stesso spirito in
cui certi grandi pittori fiamminghi insistevano sui particolari orridi e lubrici per comporre le
grandi vedute d’insieme del “loro” inferno. Rigorosamente fantascientifico nonostante
l’abbrivio apertamente fantastico, L’Inferno a rovescio è uno dei migliori romanzi apparsi
durante l’anno 1965 negli Stati Uniti. La situazione è una delle più nuove e sconcertanti
che sia stata “inventata” in questi ultimi anni, l’impianto ambientale è originale e
imprevedibile, i protagonisti, esseri umani normali, deboli, antieroici, hanno uno spicco a
tutto rilievo, anche sullo sfondo apocalittico della catastrofe che minaccia di travolgerli.
Philip Jose Farmer si conferma, ancora una volta, un autore completamente diverso dagli
altri, animato da una rabbia divorante, da un frenetico, ambivalente sentimento di
odio-amore verso la vita, vista senza illusioni e senza suggestioni utopistiche. In quel
groviglio di interessi, di passioni di meschinità e di paure, fiorisce come una gemma
inaspettata la commovente fede di Fyodor, lo slavo “pazzo di Dio”, che si lascia ingannare
dall’impostura del falso Messia soltanto per eccesso d’amore verso Dio, e a cui sarà
misericordiosamente risparmiata la rivelazione della trappola blasfema in cui le misteriose
Autorità hanno rinchiuso, per i propri fini smisuratamente orgogliosi, tutta la razza umana.
Primo Precedente Avanti Ultimo