Redenzione immorale |
Philip K. Dick è, probabilmente, l’autore più brillante che la science fiction americana abbia |
espresso nell’ultimo decennio. Vi sono, naturalmente, scrittori anche superiori a lui, come |
Walter Miller jr. e Kurt Vonnegut jr. che si sono compiutamente affermati nei tempi più |
recenti, ma mentre il contributo di Vonnegut e di Miller è piuttosto sporadico (Vonnegut |
ha scritto tre soli anche se magistrali romanzi di sf e non più d’una dozzina di racconti in |
questi dieci anni, mentre Miller ha creato un capolavoro — Un cantico per Leibowitz — |
qualche bel racconto e altri molto meno belli, appesantiti da una certa prolissità), Dick è |
un rifornitore costante e prolifico. Racconti e romanzi, che recano sempre l’impronta d’una |
personalità originale e irrefrenabile — The defenders (I difensori), Autofac, The eye in the |
sky (L’occhio nel cielo), Solar Lottery (Il disco di fiamma), Dr. Futurity (Il dottor futuro), |
lo ancora inedito The world Jones made, e questo originale e potente The man who japed |
— hanno contribuito a costituirgli una solida fama, coronata dalla vittoria di un altro |
romanzo — potente e originale — nel Premio Hugo 1963: The man in the high castle. |
Un po’ tenuto in disparte, nel pantheon personale di molti lettori antesignani, ancora |
vincolati dall’abitudine a considerare tra i grandi soltanto gli autori che più li |
impressionarono alla prima apparizione della science fiction in Italia — e che in molti casi |
erano d’oro autentico, in qualche altro solo di ben imitato orpello — Dick ha fatto presa |
soprattutto sui giovani che hanno scoperto la science fiction soltanto in questi ultimi |
tempi. Negli Stati Uniti, invece, bastò l’apparizione di Solar Lottery (che pure concludeva |
una impostazione rivoluzionaria con una trovata un po’ fiacca, dovuta alla non ancora |
perfetta esperienza dell’autore) per mettere in moto i recensori e i critici più famosi. Già |
sappiamo che Anthony Boucher ha definito la sua narrativa il frutto di « una fertile |
intelligenza speculativa... più l’agghiacciante simbolismo dell’incubo assoluto ». Damon |
Knight, che è forse il critico specializzato più celebre del mondo, ha detto di lui: «è come |
se Robert Sheckley si rivelasse improvvisamente una combinazione di Alfred Bester, Henry |
e Katherine Kuttner e A. E. Van Vogt ». H. H. Holmes, scrivendo su un importante |
quotidiano, il New York Herald Tribune, ha definito la sua opera « elaboratamente |
eccitante come il miglior Van Vogt... con l’aggiunta d’un tocco di C. M. Kornbluth». |
Commenta a sua volta Donald A. Wollheim (il quale, oltre ad essere autore di numerosi |
ottimi romanzi per ragazzi apparsi anche in Italia, dirige con successo una delle più diffuse |
collane di volumi di fantascienza degli Stati Uniti ed ha curato numerose e quotate |
antologie) che Dick non è soltanto una combinazione dei meriti altrui, ma uno « scrittore |
nuovo veramente grande per meriti propri ». E questo è forse il giudizio più centrato: così |
come questo romanzo, Redenzione immorale, costituisce la prova dell’appassionata |
violenza ideologica del Dick e della sua originalità. Il mondo in cui si muove il protagonista, |
Allen Purcell, è quello della Redenzione Morale, che dopo la catastrofe d’un conflitto |
ipotizzato nel nostro secolo ha ricostruito il benessere o per lo meno le condizioni di |
sopravvivenza per l’umanità, imponendo tuttavia, come scotto, una pesante e forzosa |
concezione morale, derivata dai peggiori atteggiamenti fanatici del protestantesimo. |
Obbligati a conformarsi a un paradigma di noiosa virtù, sottoposti alla tirannia di spietate |
guardiane di caseggiato, incrocio tra le più pettegole portinaie della letteratura e la |
tragicomica istituzione totalitaria dei capi-fabbricato, gli abitanti di questo mondo non |
hanno altra scelta che annoiarsi dignitosamente, lavorando nei rispettivi impieghi e poi |
occupando le ore libere in passatempi istruttivi, andando a letto a ore da neonati: la pena |
per chi infrange le regole della Remo non è, naturalmente, cruenta, e non potrebbe |
esserlo in questo mondo: ma è sottilmente feroce. La perdita dell’appartamento d’una sola |
stanza così difficile da conseguire, costituisce lo spettro costante, il deterrente che lega |
uomini, donne e bambini all’acquiscenza più supina. Il contraltare di questa felicità forzata |
è la Casa di Salute Mentale, una potente organizzazione-ombra, che per reazione |
trasporta quanti le si rivolgono su un pianeta di comodità, di lusso e di ozio. Ma Allen |
Purcell, che rifiuta inconsciamente gli schemi della Remo e non sa adattarsi alla passiva |
esistenza dell’Altro Mondo, è l’eccezione che rom per l’equilibrio manicheistico di questo |
mondo: o almeno tenterà di farlo. E tenterà con un’arma inattesa e inimmaginabile: con |
l’umorismo e con il sarcasmo, ormai inesistenti nell’una e nell’altra me t del mondo della |
Remo. La beffa finale, destinata a scrollare alle fondamenta l’omphalos del sistema, è una |
delle trovate più cattive ed esplosive della narrativa di fantascienza. L’inventiva di Dick è |
qui accuratamente imbrigliata per offrire un effetto di massima plausibilità, e raggiunge |
talvolta la sua abituale atmosfera d’incubo per mezzo di inquadrature semplici, quasi |
dimesse, e forse per questo tanto più suscettibili di essere sentite come altamente |
probabili dal lettore: l’ossessione degli assassini autorizzati di Solar Lottery, gli orrori della |