Destinazione uomo. Tendenze della SF italiana
stato, quindi, un grosso periodo di ristagno, in cui il pubblico diminuiva continuamente e
non accennava a ricomporsi; questo ha fatto abbassare le tirature, ha costretto molte
riviste a chiudere (nel 1967 ne uscivano sette o otto). Fortunatamente una simile fase è
oggi superata, e proprio per questo siamo in grado di potenziare in maniera così tangibile
la nostra attività. Altre cause marginali si possono aggiungere: la scelta spesso gratuita
dei testi, che ha causato uno scadimento qualitativo generale e una certa diffidenza fra i
lettori; l’acceso personalismo che ha segnato l’opera di molti curatori di riviste, sfociato
talora in violente lotte intestine; l’allontanamento dal campo di diverse persone
qualificate, stanche di quanto stava accadendo. E giungiamo così alla fantascienza
italiana. In una situazione del genere i nostri autori si sono visti privati dei normali (e
necessari) canali di sbocco: è chiaro, infatti, che se una rivista entra in crisi pubblicando i
più grossi scrittori americani o inglesi (a questi soli, infatti, è in pratica sempre stato
ristretto il mercato), non penserà mai di risollevarsi con gli italiani. Per questo motivo, ad
esempio, sono sorte le fanzines (o “i” fanzines, come dicono altri). “Scoppiate” in Italia sul
finire del 1965, sono durate per un paio d’anni: praticamente non avevano altro scopo
oltre a quello di permettere la pubblicazione dei molti lavori rimasti a lungo nel cassetto
dei nostri autori. L’unico grosso errore commesso dalle fanzines è stato quello
d’inflazionare il mercato (ad un certo punto se ne contavano una diecina): ciò ha portato
ad uno scadimento qualitativo, allo spezzettamento del già esiguo pubblico, a nuove
piccole lotte interne; Cosicché attualmente non esiste più una sola rivista dilettantistica
in circolazione. Il fenomeno, tuttavia, non va condannato in blocco. Vero è che sono
state fatte cose assolutamente indegne; ma una discreta massa di buon materiale è
reperibile, ad esempio, in Sevagram di Riccardo Valla a Torino; in Hipothesys di Gogo
Carrara a Trieste; in L’Aspidistra di Riccardo Leveghi a Trento; nei Numeri Unici di Naviglio
e Curtoni e in Verso le Stelle di Naviglio a Milano. Certe iniziative coraggiose, anzi, come
ad esempio antologie organiche della SF francese e svedese sono state prese in Italia
solo dalle fanzines. Scomparse queste ultime e rimanendo “chiuse” le riviste, è scomparsa
ogni possibilità di pubblicazione per gli italiani. Alcuni (troppi, senza dubbio) si sono ritirati
dal campo; altri si sono dati ad attività più redditizie; pochi hanno continuato, sperando in
uno sbocco favorevole. Ed ecco il perché di questa antologia. Noi, e molti altri con noi
(l’editore in primo luogo, cui vanno tutti i nostri ringraziamenti per la fiducia che concede
ai curatori ed alla fantascienza italiana in genere), siamo convinti che questo genere di SF
sia di qualità superiore alla media oggi pubblicata; che i nostri autori, se aiutati ed
incoraggiati, possano produrre lavori di grande rilievo; in una parola che anche in Italia si
possa raggiungere il livello degli altri Paesi. In parte, anzi, lo si è già raggiunto. Iniziative
come le antologie periodiche di Interplanet o la rivista Futuro hanno dimostrato
ampiamente che gli italiani sanno scrivere SF; hanno avuto il solo difetto di essere troppo
sporadiche e di breve durata. Praticamente occorre ricominciare da capo; far capire che
esiste la possibilità di creare un mercato, e conseguentemente di essere pubblicati;
rimettere insieme tutte le fila che si sono spezzate per i più vari motivi. Perché questa
antologia non vuole essere un fatto isolato, ma solo una base di partenza per un discorso
serio ed a lunga scadenza. Qualche parola sui racconti. Abbiamo cercato di dare un
quadro il più possibile ampio delle tendenze della SF italiana, sia nella tematica che nello
stile; gli argomenti sono vari (dall’opera di pura atmosfera a quella sperimentale) e trattati
generalmente con un’innegabile fantasia. Ci pare evidente, in tutti gli autori, un
superamento di ogni influenza esterna, talché l’intera antologia costituisce un efficace
esempio di cosa si possa intendere oggi per science-fiction “all’italiana”. Assolutamente
predominante risulta l’impegno introspettivo (cosa che abbiamo inteso sottolineare col
titolo dato alla raccolta), che fa assumere sovente più importanza ai personaggi che non
alla trama. Già questo fatto è indice di un preciso desiderio, che è quello di nobilitare il
modulo fantascientifico per una ricerca spiccatamente psicologica. Ricerca che, ad essere
sinceri, raramente si ritrova in molta parte della SF americana: i temi prediletti sembrano
sempre essere stati quelli di un universo e di una umanità considerati come elementi a
volte attivi, a volte passivi, di un gioco grandioso che tutto ingloba senza discussioni,
senza porre in questione la validità intrinseca di colui che dopo tutto è il personaggio
primo di questo gioco. L’uomo. E’ proprio questo praticamente l’elemento comune a tutti i
racconti dell’antologia, ed il filo conduttore di una ricerca che senza paura di esagerare si
può definire analitica. Vediamolo in tutti i suoi timori, le sue incertezze, i suoi conflitti
intimi e reali, questo essere che ha finalmente calpestato la superficie della Luna.
Osserviamolo muovere i suoi passi incerti nella solitudine di un mondo morto, chiedersi il
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