Un demone
“Numerosi e buoni cristiani, borghesi di ambo i sessi abitanti nella nobile città di Tours,
asserirono che il demone era quotidianamente dedito a nozze e festini regali, di non averlo
mai visto in nessuna chiesa, di averlo udito bestemmiare Dio, prendersi gioco dei preti e
di non avergli mai visto fare il segno della croce; lo accusarono di parlare tutti gli idiomi
della terra, cosa da Dio concessa solo ai santi apostoli; di essersi fatto vedere in giro per i
campi in groppa a un animale sconosciuto veloce come il vento, di non invecchiare e
mantenere il viso sempre giovane, di essersi concesso nello stesso giorno al padre e al
figlio affermando, con ciò, di non commettere peccato; di possedere influenze maligne che
con ogni evidenza emanano dalla sua persona (...), di mangiare da solo e di non mostrarsi
mai durante colazione, pranzo e cena, poiché si cibava di cervelli umani”.
Un demone è il resoconto accuratissimo, redatto nella lingua “diabolicamente ardua” che
connota ognuno dei Contes drolatiques, dell’immaginario processo intentato contro questa
creatura misteriosa, demone, secondo l’accusa, del genere dei ‘succubi’ ovvero “diavoli
femmine che usano le seduzioni e i piaceri dell’amore per corrompere i cristiani”.
Come Balzac avverte nel prologo è da escludere vi sia “nulla di più ameno e bizzarro della
lettura di questa storia”. Ai nostri occhi, nulla di più sottilmente inquietante.
Bonazzi