Smarh. Antico mistero
Concepito nell’ottobre del 1838, come attesta una lettera a Ernest Chevalier, e terminato
alla data del 14 aprile dell’anno successivo, quando Flaubert aveva poco più di diciassette
anni, Smarh, vieux mistére rimase inedito durante la vita dell’autore, come del resto la
quasi totalità dell’opera giovanile. Appartiene, secondo la classificazione proposta da Jean
Bruneau, al cosiddetto ciclo filosofico, fantastico e mistico, che si colloca tra il ciclo
storico e quello autobiografico, rappresentando la parte più cospicua della prima
produzione flaubertiana. Per la qualità e la varietà dell’ispirazione viene considerato,
insieme a La Danse des Morts, “una delle opere capitali per lo studio dell’evoluzione
letteraria di Flaubert” (Thibaudet), la più diretta e interessante anticipazione della
Tentation de saint Antoine.
Originale la sua struttura: pensato in un primo tempo come un vero e proprio lavoro
teatrale, un ‘mistero’ drammatico alla Quinet, Smarh è diviso in quattro parti, più un
prologo e un epilogo. Le prime due sono quasi interamente dialogate, e la tentazione e le
prime esperienze dell’eremita sono presentate esclusivamente attraverso i dialoghi fra
Smarh e Satana, con l’aggiunta di brevi didascalie relative alle scene e ai costumi. Nella
terza parte quella della `scoperta degli uomini – ci sono dialoghi intercalati da lunghe
sezioni in prosa, e questa tendenza si accentua nella quarta parte, mentre la conclusione,
come l’introduzione, alterna dialogo e racconto.
Uno scetticismo radicale, un pessimismo senza rimedio attraversa la narrazione da cima a
fondo: la sofferenza è sostanziale alla creazione, la quale aspira ardentemente al nulla; il
dolore dell’umanità è la prova della non esistenza di un Dio pietoso; le ambizioni degli
uomini non sono, tutte, che una grottesca e laida pantomima; il vero inferno è qui sulla
terra; l’unica autentica verità è la morte. E all’insensatezza e all’assurdità del mondo, il
giovane Flabert non trova contropartita se non nel riso, celebrando infine la vittoria di Yuk
– ‘dio del grottesco’ che proclama di sé: “io sono il vero, sono l’eterno, sono il buffone” –
tanto su Smarh quanto su Satana e sulla Morte.
Bonazzi