Il monumento funebre |
Non esisteva finora una satira dell’URSS adeguata al suo smisurato oggetto. Con questo |
romanzo, proliferante e inesorabile come il Bouvard e Pécuchet di Flaubert, un logico russo |
tra i più prestigiosi ha compiuto il gesto temerario di scriverla. «Zinov’ev è stato capace |
di fare ciò che non era mai riuscito a nessuno storico, filosofo o sociologo, sia in |
Occidente sia nell’Unione Sovietica»: così un grande storico russo, Aleksandr Nekrich, ha |
salutato l’uscita di questo libro sconvolgente. Ibania, cioè il «paese degli Ivan», che |
«anche se per caso esistesse, sarebbe una pura invenzione», è il luogo dove si svolge |
questo romanzo: qui, a forza di controllare gli oggetti e le persone, si tende a perdere |
ogni rapporto concreto con essi, e si ha a che fare soltanto con una serie indefinita di |
procedure di ben temperata menzogna e occhiuta sorveglianza, che ciascuno è tenuto a |
esercitare e subire. E tutti gli sforzi sono dedicati a porre in atto una «misura storica» il |
cui scopo è «scoprire gli elementi che disapprovavano la sua messa in atto e fissare |
disposizioni adeguate». |
In questo paese vediamo muoversi, sotto nomi allusivi, una folla di personaggi, |
sopravvissuti dell’antico ordine (età di Stalin), sostenitori e denigratori del penultimo (età |
di Chrušcëv), funzionari e vittime dell’attuale (età di Breznev). E sarà facile riconoscere, |
in molti casi, chi parla e di chi si parla: da Stalin a Neizvestnyj, da Solzenicyn a Chrušcëv, |
da Evtušenko a Sinjavskij. Tutta la storia russa dalla Rivoluzione a oggi viene illuminata |
come un teorema dagli innumerevoli e sottili corollari. Al centro di tutto, uno sciame di |
uomini del potere – politico, burocratico, accademico –, spesso tanto più mediocri e |
meschini quanto più alta è la loro posizione. Si incontrano, si spiano, si tradiscono, si |
abbracciano, e instancabilmente tornano a parlare delle regole e degli intrighi della società |
ibanese. |
Una comicità selvaggia si sprigiona da queste pagine, una comicità che è possibile solo a |
chi ha varcato la soglia della disperazione. Il movimento vorticoso di questo teatro ci |
lascia sbalorditi, sgomenti. Sentiamo che lo regge un cervello avvezzo alle armi più |
raffinate della logica, e che di esse si serve per rendere evidente la forma di una società |
che è un solo gigantesco sofisma. E sentiamo anche, nel fondo, tutta la grande tradizione |
nera del romanzo russo: da Gogol’ a Saltykov-Šcedrin al Dostoevskij dei Demoni e delle |
Memorie dal sottosuolo, a Sologub, a Bulgakov – quella tradizione che per prima ha |
scoperto come il mondo moderno conosca un suo tragico peculiare, che non riesce a non |
essere accompagnato dal brivido di un riso devastatore. |
Rovesciando il noto luogo comune secondo cui nell’URSS vi sono talune degenerazioni, |
Zinov’ev monta e smonta dinanzi ai nostri occhi il meccanismo di una società che in quelle |
degenerazioni ha il suo cuore. Come tutti i grandi scrittori satirici, Zinov’ev non concede |
vie d’uscita, né fuori né dentro Ibania: di fatto, quelle ossessive «leggi della società», che |
mostra all’opera nel suo romanzo col rigore dello scienziato e la furia del visionario, noi le |
riconosciamo immediatamente, perché le viviamo ogni giorno, seppure in varianti che forse |