Il marchese di Bolibar
Durante la guerra di Napoleone in Spagna, un gruppo di ufficiali elimina un oscuro
mulattiere che ha sorpreso un loro segreto amoroso. Ma quel mulattiere è il marchese di
Bolibar, figura misteriosa che da quel momento perseguita i suoi assassini in una ridda di
avvenimenti, dove i personaggi sono guidati da una ferrea mano invisibile. Questo
romanzo, considerato da molti il capolavoro di Perutz, è un esempio perfetto di fantastico
puro. E non perché si parli continuamente di spettri e apparizioni sovrannaturali. Al
contrario, qui la narrazione è tutta sul concreto, asciutta, vigorosa, e sembrerebbe
presentarci soltanto una cupa cronaca militare. Ma nel libro intero circola, come presenza
palpabile, un’altra realtà, che alla fine spodesterà la realtà immediata attraverso la figura
del marchese di Bolibar, in cui si incarnano «l’avanguardia della distruzione» e una
misteriosa leggenda.
La guerra di Spagna, questa prima guerra di guerriglia, ferì a morte il progetto imperiale di
Napoleone. E da allora grava come un presagio funesto su ogni progetto imperiale.
Qualcosa di irriducibilmente sinistro appartiene a quegli eventi: scena appropriata di una
storia nera, di un nero metafisico, qual è quella che Perutz scandisce in questo libro, con
un ritmo incalzante che serra la gola. Due reggimenti tedeschi, che combattono per
Napoleone in Spagna, vi incontrano la disfatta e la morte. È una morte sospetta: una
sorte di autoannientamento provocato, a mente fredda, dalle stesse vittime. Che cosa ha
messo in moto questo orrificante meccanismo? Una figura cupa e selvaggia, che appare,
scompare, si sdoppia, si trasforma, sfugge – e incombe su tutto, quella del marchese di
Bolibar. Il suo segreto attraverso questo romanzo come un raggelante alito millenario.
Il marchese di Bolibar è apparso per la prima volta nel 1920.
Virelli