Inquisizioni |
Nel 1952 Borges affida alle stampe un libro dal titolo conturbante, Altre inquisizioni. E |
appare subito chiaro che un solco profondo, e decisivo, è stato scavato: nell’arte del |
saggio come nel modo di accostarsi alla letteratura. Ma perché «altre»? A quale misterioso |
precedente alludeva quel titolo? La soluzione del mistero sta in una remota e ripudiata |
raccolta di saggi del 1925, Inquisizioni. Strano destino, quello di Inquisizioni: opera di |
fervori giovanili («Venticinque anni: una pigrizia applicata alle lettere!»), condannata al |
silenzio eppure segretamente attiva, tanto da riproporsi al Borges del 1952 con la forza |
provocatoria di «cappucci e rogo», e da svelare nel contempo la reale natura di palinsesto |
della nuova silloge. Era dunque tempo di riscattare Inquisizioni dalla clandestinità e di |
verificare cosa si cela all’ombra di quel cartellino iconoclasta. E le sorprese non sono |
poche: Borges privilegia infatti autori e motivi legati alla cultura argentina – sul versante |
dell’avventura avanguardista come su quello dell’ispirazione popolareggiante –, e sullo |
sfondo si staglia il controverso rapporto che lega lo scrittore alla letteratura spagnola e |
all’eredità barocca in particolare, ma non mancano i segni di una capacità precoce, |
spesso folgorante, di misurarsi con le grandi questioni letterarie e culturali: basti pensare |
al saggio sull’Ulisse di Joyce, probabilmente il primo apparso in America Latina, o a quello |
su Sir Thomas Browne, dove Borges disegna un autoritratto in fieri. E già si percepisce, in |
tutta la sua portata eversiva, una nuova sensibilità: leggere la letteratura nella superiore |
totalità della letteratura intesa come sistema, giacché il libro, come Borges scriverà anni |
più tardi, «è una relazione, un asse di innumerevoli relazioni». |
Inquisizioni raccoglie saggi originariamente apparsi fra il 1921 e il 1925. |
Virelli |