Il poema della noia |
Il Guardiano Notturno che ci parla in questo libro appartiene alla specie dei «refrattari», |
esseri inservibili per la società ibanese (della quale il mondo sovietico è un modesto |
specchio). Con il suo occhio di fantasma maligno, egli osserva lo svolgersi di una vita che |
non vuole rinunciare, in nessuna sua forma, a produrre l’avvilimento delle persone e delle |
cose. Ora non c’è più bisogno di ricorrere alle feroci persecuzioni del Padrone (delle quali |
possiamo farci un’idea leggendo una vita di Stalin). No, ora lo stile ibanese è diverso, più |
pallido, più quieto, una tortura meno appariscente e ben più prolungata. Il Guardiano |
Notturno, quale esperto di quella vita, ce ne offre una miniatura avvelenata, dove |
ritroveremo molti personaggi di Cime abissali. Scritto nel 1975, quando Zinov’ev non era |
ancora stato espulso dall’Unione Sovietica, questo libro viene a confermare l’assioma |
ibanese secondo cui «un intellettuale è immancabilmente marcio». |
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Già pochi mesi dopo la prima apparizione in Occidente di Cime abissali, critici e lettori di |
molti paesi hanno riconosciuto che questa, insieme all’Arcipelago Gulag di Solzenicyn, era |
l’opera più importante, e per così dire ‘inevitabile’, venuta dalla Russia negli ultimi anni. E |
anche in questo caso si tratta di un libro che non solo obbliga a rimettere in questione |
tutto ciò che appartiene alla realtà sovietica, ma ci pone domande stringenti su tutto il |
«culto della società» che, in altre forme, è però un carattere dominante anche del mondo |
occidentale. |
Al centro, qui, non saranno le manifestazioni di terrore e persecuzione, nascoste per |
decenni e ormai a poco a poco giunte alla luce, che traversano tutta la storia sovietica. |
No: Zinov’ev ha voluto mostrarci qualcosa di non meno aberrante, ma che è davanti agli |
occhi di ognuno: la ‘normalità’ sovietica, la vita quotidiana con tutti i suoi veleni. E, di |
fronte a questa realtà che sembra impavidamente sfidare ogni satira, perché si manifesta |
già da sola come satira di se stessa, di fronte a questo mondo che è al tempo stesso |
enormemente sottile ed enormemente brutale, Zinov’ev ha costruito, con freddezza |
analitica e con la furia di una passione infrenabile, un’architettura mostruosa, che ne |
costituisse quasi il beffardo monumento: Cime abissali. Poco dopo la pubblicazione di |
questo libro in Occidente, le autorità sovietiche hanno deciso che Zinov’ev avrebbe più |
opportunamente continuato la sua scandalosa esistenza fuori dalla Russia: come già era |
successo per Brodskij, per Sinjavskij, per Solzenicyn stesso. |
In questo secondo volume, ormai superate le capziose argomentazioni che nella prima |
parte servivano a introdurre i teoremi del regno dell’orrore, Zinov’ev si abbandona più |
liberamente alla narrazione, e la sua disperata comicità cresce sino alla fine. Percorriamo |
così il labirinto di Ibania in tutte le sue numerosissime ramificazioni del Potere e del |
Dissenso (e di entrambi paradossalmente intrecciati). Vi troveremo le atrocità, il |
grottesco, la resistenza silenziosa, la lucidità opposta delle vittime e dei torturatori. Ma |
una cosa certamente non vi troveremo: la via d’uscita. Qui sembra che tutti aspettino, |
come il Chiacchierone in un memorabile capitolo dell’ultima parte, di andare a fare la coda |
alle Pompe Funebri per essere cremati: «Da quando era stata adottata la legge che |
regolava i decessi, non v’era stato un solo caso di persona che – avendo dichiarato il |
proprio sincero desiderio di prendere coscienza dell’ineluttabilità della propria morte – non |
si fosse presentata, all’ora stabilita, al proprio crematorio. A Ibania anche la morte è un |
affare di libero arbitrio al quadrato». |
Cime abissali apparve in Svizzera nel 1977. |