Il pasto nudo
Con questo romanzo William Burroughs rivelò di essere – nelle parole di Norman Mailer –
«l’unico romanziere americano vivente a cui si possa plausibilmente attribuire genio». Qui
per la prima volta, in anni (era il 1959) in cui questi temi e queste realtà venivano
generalmente sottaciuti, Burroughs ci offre il racconto allucinato dell’inferno di un tossico.
Lacerato tra la necessità impellente della «roba» e il richiamo molesto della carne,
braccato da poliziotti e spacciatori, Lee, il suo Doppio, trascorre le giornate in sordidi
luoghi pervasi dai miasmi del corpo e dalle fobie della mente. Scavando nelle proprie ferite
con l’acume della paranoia e un’acrobatica inventiva stilistica, Burroughs tratteggia,
sfrontato e perentorio, un ritratto dell’America all’acido fenico, un ritratto cui la vita
quotidiana – oltre che il cinema e la letteratura dell’orrore – ha tentato con gli anni di
adeguarsi. L’America di Burroughs è schiava dell’«algebra del bisogno», dominata da una
inveterata forma di «dipendenza» che affonda le radici nei tessuti di corpi fantasmatici e
nelle cellule di cervelli in sfacelo. Pasto nudo è la prima mappa di questa nuova terra in
continua espansione. Pasto nudo, il romanzo più famoso (1959) di Burroughs, è il primo
volume di una trilogia che comprende The Soft Machine e Nova Express, entrambi di
prossima pubblicazione.
Virelli