Dissipatio H. G.
Ultimo romanzo di Morselli, di pochi mesi precedente la sua tragica scomparsa, Dissipatio
H.G. (dove H.G. sta per Humani Generis) è anche il suo libro più personale e segreto,
l’unico dove questo maestro del mimetismo ha scelto di porsi direttamente sulla scena. E
lo ha fatto in modo così illuminante ed emblematico da far pensare a una confessione che
valga da consapevole gesto di congedo.Il protagonista di Dissipatio H.G., uomo
lucidissimo, ironico, ipocondriaco, e soprattutto ‘fobantropo’, attirato da un feroce
solipsismo, decide di annegarsi in uno strano laghetto in fondo a una caverna, in
montagna. Ma all’ultimo momento cambia idea e torna indietro. Il genere umano, proprio in
quel breve intervallo, è scomparso, volatilizzato. Per il resto, tutto è rimasto intatto.
Così, paradossalmente, l’umanità è ora rappresentata da un singolo che era sul punto di
abbandonarla e che, comunque, non si sente adatto a rappresentare alcunché; neppure,
a tratti, se stesso. Comincia allora un appassionante monologo, sullo sfondo della
solitudine assoluta e di un silenzio rotto soltanto da qualche voce di animale o dal ronzio
di macchine che continuano a funzionare. Ed è un monologo che presto si trasforma in un
dialogo con tutti i morti, tenuto da un unico vivo che a momenti pensa di essere anch’egli
morto. Riaffiorano spezzoni di ricordi, particolari sepolti riemergono come decisivi e,
mentre i pensieri si affollano, l’anonimo protagonista cerca dappertutto un qualche altro
sopravvissuto, vaga fra luoghi odiati e amati, fra le sue montagne e Crisopoli (chiaramente
Zurigo). Tutto è uguale, eppure tutto è per sempre trasformato. Il mondo è ora popolato
soltanto da «oggetti vicini e irraggiungibili, noti e irriconoscibili, sfigurati». Ma non è certo
un mondo innaturale: anzi il sopravvissuto è spesso sfiorato dal sospetto che proprio in
questa forma di sterminato magazzino e indifferente sepolcro esso raggiunga, in certo
modo, la sua verità. Rimane, comunque, il gigantesco interrogativo sul destino degli
scomparsi. Che l’umanità sia stata «angelicata in massa»? O si tratti di una inaudita
migrazione turistica collettiva? O di una silenziosa apocalisse? E l’unico sopravvissuto è un
prescelto o, proprio lui, il condannato? Morselli ci fa attraversare con mirabile sottigliezza
tutte le reazioni del sopravvissuto, che vanno da una sinistra ironia e, quasi, euforia, alla
«superbia solipsistica», finché a poco a poco si fa strada in lui un’angoscia senza confini.
E, mentre il delirio lievemente corrompe ogni residua certezza, il protagonista si
abbandona a cercare le improbabili tracce di un amico dimenticato, unico ricordo di
rapporto reale che gli resti della sua vita precedente. C’è qualcosa di disperato e, insieme,
di sereno in queste pagine, fra le più belle di tutto Morselli – e certo le sole in cui accetti
di far trasparire la sua dura pena personale. E c’è, alla fine, una grande immagine in cui
convivono, pacificati, tutto e il contrario di tutto: nelle strade deserte di Crisopoli-Zurigo,
coperte ormai da uno strato leggero di terriccio, crescono piantine selvatiche. Nel
Mercato dei Mercati spuntano, ignari, i ranuncoli e la cicoria. E l’ultimo uomo, che già era
stato del tutto solitario fra gli uomini, siede e aspetta.
Virelli