Il grande ritratto
Tradurre in fatto narrativo concreto una condizione psicologica non è operazione nuova
per Dino Buzzati. Tutta la sua opera è un’identificazione del mondo delle cose con un’altra
realtà che non cancella la prima, ma piuttosto ne esalta i significati più determinanti;
eppure forse mai come in questo nuovo romanzo, Buzzati ha sovrapposto cosi
perfettamente i confini tra umano, super-umano e sub-umano. Ma, superata ogni
scontata simbologia, eccoci nel cuore della vicenda, in pieno suspence. Un impianto
segreto: sopra un altipiano isolato dal resto del mondo, tra foreste e rocce a picco,
vivono alcuni scienziati che lavorano da anni attorno al Numero i. Ed ecco il fisico
Ermanno Ismani di fronte ad un vallone interamente ricoperto di costruzioni bizzarre, di
lunghe e basse casette, di hangars, di torri senza porte e senza finestre; un villaggio
cieco e sordo che pure vibra e pulsa. Una bassa muraglia segue gli scoscendimenti del
vallone e circoscrive il mistero. Ed è qui, tra fili, schermi, manopole e antenne, che Buzzati
porta l’agghiacciante scoperta di qualche cosa che travalica ogni immaginazione umana,
pur restando in un mondo orrendamente possibile, probabile, forse già presente.
Sbaraini