Sul discorso fantastico. La narrazione nel romanzo gotic |
La narrazione fantastica (esemplificata, in questo volume, in tre classici romanzi «gotici» |
inglesi: Il castello di Otranto, Vathek, Frankenstein) si presenta, nella prospettiva critica |
dell'Autrice, come un particolare «dramma» che mette in scena le insufficienze selettive |
ed argomentative della Ragione posta di fronte ad elementi devianti e conturbanti. Il |
fantastico (ed in particolare il gotico) si definiranno allora come maniera di rappresentare |
nel racconto l’impotenza umana non solo ad inquadrare nell'ordine di un discorso logico |
avvenimenti assurdi ed incredibili, ma anche a nominarli: da qui deriva una peculiare |
«retorica dell'indicibile», che non coglie direttamente i fenomeni abnormi, bensì tende |
endemicamente a raggirarli, ad implicitarli nelle pieghe del discorso, o addirittura ad eliderli |
in una paradossale ridondanza di non-detto. Muovendo da una distinzione di fondo fra ciò |
che si immagina, e come lo si immagina (e conseguentemente lo si narra), l’Autrice |
dimostra come nei testi fantastici l’atto narrativo sia molto più rilevante dell'azione |
narrata: non sono i fantasmi, i vampiri, i prodigi preternaturali a contraddistinguere il |
fantastico (come comunemente si crede), bensì il condizionamento sensoriale, emotivo ed |
intellettuale subito dalla figura testuale incaricata di raccontarli (personaggio e/o |
narratore), la quale traduce tale condizionamento in un atteggiamento psicologico |
linguisticamente sospeso fra la reticenza e l’esuberanza. |
Bonazzi |