Introduzione
Con Infinito (The Last and First Men) viene tradotto per la prima volta in Italia uno dei
massimi testi di immaginazione del Novecento, un’opera che pone il suo autore, l’inglese
Olaf Stapledon (1886-1950), tra gli artefici della fantascienza moderna insieme a Wells,
Huxley e pochi altri nomi. Borges riconosceva a Stapledon una capacità d’invenzione che
nessun autore fantascientifico dopo di lui avrebbe eguagliato, e la facoltà di esporre
visioni grottesche, paurose o lontanissime nel tempo e nello spazio senza mai riuscire men
che convincente. Infinito è una lunghissima “storia futura” in cui viene descritto il destino
di ben diciotto razze umane che si evolvono su questo e altri pianeti per milioni di anni a
venire, fino a diventare creature simili a dei. L’ascesa e la caduta del genere umano, i
contatti con intelligenze extraterrestri, l’evoluzione biologica e quella culturale sono
descritte con tanta verosimiglianza che l’unico aggettivo veramente adatto a questo
romanzo è “visionario”, anche per le straordinarie anticipazioni filosofiche e politiche da cui
prende le mosse. Un’opera, insomma, che non si rivolge soltanto ai cultori del genere ma
che troverà appassionati fra tutti coloro che amano la narrativa speculativa.
Tellini