Le rane di Ko Samui
Su toni umoristici, un gruppo di anziani italiani in vacanza in Thailandia va alla ricerca di
un amico, appena rapito da esseri anfibi femminili la cui regina-madre necessita di maschi
umani per la riproduzione.
[BN]

Se mi avessero detto che un tema lovecraftiano si sarebbe potuto tradurre in un racconto
esilarante, non ci avrei creduto. Eppure il mostro è lì che incombe, mucillaginoso come si
conviene: una narrativa fantastica italiana di tono umoristico. Ce ne erano stati alcuni
esempi e non mi avevano persuaso. Questo mi persuade, eccome.
Mi dà anche qualche preoccupazione. La narrativa fantastica, nel nostro paese, è stata a
lungo emarginata, ma molto peggio è capitato a quella umoristica. Ci sono voluti anni e
anni per sdoganare Achille Campanile, tanto che per farlo si è dovuto aspettare che fosse
ben morto. A Stefano Benni è andata meglio, però spesso, nell’elencare i migliori scrittori
italiani, il suo nome viene dimenticato. Dario Fo ha avuto il Nobel, ma in patria una folla di
critici ancora mugugna. E nessuno ricorda Carlo Manzoni, e altri autori che ebbero il torto
di far ridere chi li leggeva. Gli unici scritti comici ammessi sembrano essere solo quelli
prodotti da attori di varietà, e unicamente presso il grande pubblico.
Questo ambiguo Agaraff, sospetto fin dal nome, mette dunque assieme due tabù
consolidati presso la nostra critica: l’umorismo e il fantastico, oggetto di condanna fin dai
tempi di Croce. Il presente libretto è dunque condannato in partenza all’insuccesso più
disastroso. Tenetevelo stretto: siete tra i pochi che lo leggeranno.
La comicità condivide con la pornografia un effetto negato al resto della narrativa:
provoca nel lettore visibili reazioni fisiche, che nello specifico si concretizzano nell’atto del
ridere (gli effetti secondari della pornografia li tralascio). Ciò è disgustoso. Nascondete
dunque le giocose pagine di Agaraff (ma che cognome del piffero!) sotto il letto, e ridete
piano, senza farvi scoprire. L’avvertimento è rivolto soprattutto agli adolescenti: la lettura
di Agaraff, se insistita e ripetuta, provoca la cecità e altre vergognose malattie, che non
nomino nemmeno.
Mio Dio, che orrore! (del resto si tratta di un horror).
Valerio Evangelisti
[introduzione integrale su risvolto di copertina]
Bonazzi