L'uccello che girava le viti del mondo
Lui, il protagonista di questo romanzo caleidoscopico e intrigante, è un giapponese di
oggi. Trent'anni, felicemente coniugato con una donna in carriera, nullafacente (o
bisognerebbe dire casalingo tutto fare?), il nostro, un tranquillo abitante di Tokyo, si trova
all'improvviso, anche se del tutto involontariamente, al centro di una rete intricata di
vicende passate e presenti più grandi di lui, che lo attirano in una spirale vorticosa di
avventure ed emozioni, incubi in bilico tra sonno e veglia, flashback.
Tutto prende il via da due episodi all'apparenza insignificanti: la scomparsa del gatto di
casa ed una misteriosa telefonata anonima. "Vorrei dieci minuti del tuo tempo", gli
sussurra una sensuale voce femminile, "vedrai che riusciremo ad intenderci
perfettamente". Attratto e respinto, sedotto e sgomento, trasformato suo malgrado in
detective freelance, l'uomo inizia un duplice viaggio, surreale e disorientato, nella
geografia della megalopoli giapponese e nei labirinti delle passioni amorose. Lungo il
percorso - via via ad attenderlo, metterlo nel sacco, illuminarlo - troverà i fantasmi del
passato di una nazione che non si è ancora riconciliata con la propria storia, le ombre
della guerra e del militarismo, il peso e/o la sicurezza della tradizione.
Muovendosi con spericolatezza e indemoniata agilità fra il registro leggero della commedia
metropolitana ed i toni gravi del romanzo storico, fra le minimalità di un cronista dei
sentimenti allevato a fumetti e televisione e la densità ed il pathos di uno strory seller
benjaminiano, Murakami ci dà un'immagine complessa e irresistibile del Giappone
contemporaneo. E i disagi, le idiosincrasie, le ossessioni, le smanie imitative di un popolo e
di una civiltà si riverberano su di noi, mettendo inesorabilmente a nudo le défaillances del
modello occidentale.
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