L'architetto
Da quando i fatti sono diventati la parodia di se stessi le chances della satira sono molto
diminuite. È perciò una sorpresa trovare in un esordiente, come Roberto Vigevano
"selvaggio" per costituzione in rapporto a qualsiasi ufficialità letteraria, l'occhio del vero
scrittore satirico, che sa scegliere e centrare i suoi bersagli. Così nei suoi racconti
incontriamo, per esempio, un architetto oberato di richieste da parte di molti governi del
mondo perché costruisca città fatte di rovine, sua specialità; un volonteroso ebreo che,
grazie alla sagace persuasione di uno psicanalista, guarisce dalla propria malsana
aggressività verso i nazisti di oggi facendo imprigionare il padre pervicacemente
aggressivo; un decoratore ricoverato in un manicomio che osserva con tranquillo scherno i
nuovi esperimenti terapeutici condotti su di lui e i suoi compagni di reclusione da un
gruppo di psichiatri illuminati.
Ma la satira non è la radice di questi racconti: Vigevani sembra servirsi della sua
straordinaria forza comica per smuovere il peso di ossessioni lancinanti, che ritroviamo
variate in tutte le sue storie - disparati resoconti da una terra fantastica che ci è
sinistramente familiare. Si tratta soprattutto del rapporto di sottili torture tra la vittima e
il persecutore, spesso prodigo di aiuti o buone intenzioni. Vigevani tesse una, casistica
delirante delle strategie della vittima per giustificare il persecutore e così assimilarsi a lui,
o altrimenti per ricostruirne i movimenti e cosi riuscire, forse, a dominarlo. Tentativi ogni
volta falliti: anche se parla con sicurezza burocratica, la vittima non sa di essere già stata
inghiottita nella " pancia di un orso bianco ". È questa la meccanica che regge la
condizione immensamente ambigua dell' Untermensch - l'uomo emarginato per cause
sociali, psicologiche, razziali, costituzionali -, il quale vuol rendersi ragione del proprio
stato. E fa parte di una tale meccanica che queste tristissime vicende non possano
presentarsi se non come storie comiche.
Cottogni