La festa del raccolto |
Ned Constantine, un pubblicitario newyorkese, si è sottratto alla massacrante futilità della |
corsa al successo rifugiandosi in un paesino del New England. Fino a quel momento la sua |
vita scorreva placida e un po' astratta in un mondo che sembrava uscito per sortilegio da |
un album sul primo ottocento americano. A contatto con la gente del luogo, legata alla |
terra da un cordone ombelicale millenario, Ned scopriva valori antichi e imparava a capire |
pregiudizi e superstizioni ancora più antichi. Accettava e, soprattutto, veniva accettato. |
Poi, d'un tratto, qualcosa cambia: un quid impalpabile, elusivo come un gioco di specchi. |
Intorno a lui si fa un silenzio opaco, senza echi. La realtà quotidiana si accende |
lentamente di luci spettrali. Nessuno gli sembra più quello che dice di essere. Ned si |
domanda se non è uno scherzo della fantasia... ha persino creduto di vedere un |
fantasma. Ma poi vede, sicuramente, uno scheletro nel cavo di un albero... dissotterra |
una bara colma di granturco... si trova di fronte un uomo insanguinato e quasi demente, |
con la lingua mozza e le labbra cucite. E tutto il paese, con feroce serenità, si rifiuta di |
dargli spiegazioni che esulino dalla normalità più piatta e riduttiva. Questo, più di ogni altra |
cosa, fa scattare in lui l'angoscia, e con l'angoscia il bisogno ossessivo di sapere. Mentre |
l'irrealtà più barbara gli si presenta come la sola realtà possibile, il terrore. quasi |
primordiale, cresce come un frastuono che supera ogni soglia di sopportazione fino a |
diventare un mostruoso silenzio. E nel silenzio la storia termina, con un guizzo di gelida |
ironia, mentre Ned, come in un rito preomerico, sconta la pena di chi ha voluto vedere |
troppo. |
Bonazzi |