Flatlandia
Il potenziale romanzesco della geometria, come di ogni altra disciplina rigorosa, è enorme.
Il reverendo e pedagogo Edwin Abbott Abbott (1838-1926), che per molti tratti è
avvicinabile al suo contemporaneo Lewis Carroll, ne ha dato una dimostrazione memorabile
nel racconto che qui presentiamo. Mondo bidimensionale abitato da segmenti, triangoli,
quadrati, poligoni vari e sublimi circoli, la Flatlandia (o Paese del Piano) ci viene descritta
con perizia etnologica e candido humour da un suo abitante, un eccellente Quadrato. In
quel mondo, le gerarchie sono immediatamente evidenti: si passa dai volgari e spigolosi
Triangoli (gli operai), ai più rispettabili Quadrati e Pentagoni (i professionisti) e ai nobili
Poligoni, che si approssimano indefinitamente ai Circoli (i sacerdoti), nei quali la bruta
natura angolare è del tutto annullata. Le donne sono Segmenti, e implicita nella forma è la
loro natura bassa e infida, ma supremamente potente e temibile, che viene illustrata in
alcune pagine di esilarante misoginia. Siamo introdotti alla complessa legislazione e agli
insoluti problemi della Flatlandia; veniamo a conoscere la storia spesso drammatica del
paese. E infine assistiamo agli emozionanti incontri del Quadrato narratore con il mondo
unidimensionale della Linelandia (o Paese della Linea) e con la sconvolgente realtà dello
spazio tridimensionale, scoperta attraverso il dialogo con una Sfera.
Si rivela a questo punto la sottigliezza speculativa del libro. Il lettore tridimensionale è
partito da una posizione di onnisciente superiorità: ciò che per gli abitanti della Flatlandia
è oscuro e inestricabile, appare a lui con assoluta evidenza, così come il nostro mondo,
oscuro e inestricabile, potrebbe apparire a una maligna divinità che lo avesse creato come
un giocattolo imperfetto. Ma questo meccanismo di mondi concentrici, incompatibili e
incomunicanti, in realtà mette in dubbio i nostri stessi punti di riferimento, e il libro si
chiuderà con la inquietante ipotesi di una Quarta Dimensione. In un gioco di specchi,
questa ultima supposizione ci fa intendere che il nostro mondo tridimensionale è
probabilmente osservato da un mondo ulteriore con la stessa superiorità e indifferenza
che noi mostriamo verso gli abitanti della Flatlandia, e la prospettiva si apre così su una
molteplicità di mondi diversamente ciechi e ignari, incapsulati l’uno nell’altro.
Non è mancato chi ha voluto vedere nel racconto di Abbott una sorprendente
anticipazione della teoria einsteiniana, e infatti il libro è diventato ghiotta lettura di
matematici e scienziati. Ma Flatlandia è un universo fantastico, minuscolo e perfetto e,
come tale, resta innanzitutto un esercizio inesauribile dell’immaginazione. Ce lo dimostra,
con il calore e la penetrazione di chi scopre un’insperata consanguineità, il saggio di
Giorgio Manganelli qui pubblicato in appendice.
Flatlandia è apparso per la prima volta nel 1882.
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