Lascia questo cielo
Questo breve romanzo di James Blish presenta non pochi motivi di fascino. Intanto, la sua
ambientazione: qui si parla di umanoidi, di due razze completamente diverse (e v’è una
ragione profonda, come poi vedremo), dei loro conflitti esteriori e interiori, in un sistema
solare dalle caratteristiche singolari. Nulla, perciò, che riguardi direttamente gli uomini, o
più particolarmente, i terrestri. Eppure, quanto interesse in questo affascinante apologo,
quanta attualità. Due pianeti il più possibile diversi ruotano uno intorno all’altro, ostili,
inguaribilmente nemici, ma altrettanto ineluttabilmente legati l’uno all’altro dalle forze
gravitazionali. Una guerra li distruggerebbe ambedue, ma sembra inevitabile... Nonostante
la lontananza di questi mondi e dei loro abitanti dalla Terra, in quest’apologo di Blish
sentiamo molte cose familiari, una continua allegoria la quale, in una straordinaria cornice
astronomica, parla di problemi a noi fin troppo noti. Oggi, la Terra, non è anch’essa sotto
molti aspetti un duplice pianeta, le cui metà gemelle ruotano l’una intorno all’altra, e i cui
abitanti sovente parlano gli uni degli altri come esseri di due specie il più possibile aliene?
Vi è un nodo, in questo breve romanzo, per la cui soluzione Blish invoca forze arcane, ma
che più semplicemente si potrebbero chiamare collaborazione, solidarietà. E allora, cosa
importano distanze di migliaia di anni-luce, cieli risplendenti di ammassi stellari, notti
multicolori, oceani primordiali e deserti dipinti? Gli abitanti dei due pianeti, con le loro
paure, le emozioni, le speranze, gli eroismi fatti di dovere e di spavento, diventano nostri
consanguinei, singoli individui, uomini politici, tribuni, scienziati, mistici, giovani innamorati,
e anche la folla con le sue scatenate passioni. Vi è avventura, in questo romanzo, ma i
suoi protagonisti, pur nella loro diversità esteriore da un completo equivalente umano,
sono disegnati con un davvero notevole approfondimento psicologico. Come in altre sue
opere, Blish trasporta l’interiorità e la psicologia nel cosmo, e non è facile trovare un’altra
vicenda, nel vasto campo della science-fiction, in cui si sia altrettanto scavato nell’intimo
dei personaggi. E non già come puro virtuosismo, ma come intrinseca necessità tematica
e narrativa. In fondo, Blish vuol dimostrare, con una narrazione “ compatta” ed
essenziale, come il destino dell’umanità e, in senso più lato, di ogni vita intelligente, sia
sempre più legato allo spazio. I motivi? Molti, in apparenza diversi, ma, probabilmente,
uniti da un unico invisibile filo: dopo tutto, l’universo si stende intorno a noi, visibile, alcuni
tra i suoi innumerevoli mondi sono a “portata di mano “, altri sono estremamente lontani.
Sui primi, arriveremo, in un tempo più o meno vicino (anzi, sulla Luna siamo già arrivati), e
per questo difficile compito sarà indispensabile che tutto il nostro pianeta unisca le sue
forze. Dagli altri, che ruotano intorno a miliardi di stelle, forse giungeranno altri esseri,
prima che gli uomini siano riusciti a loro volta a viaggiare da un sistema solare all’altro. E
anche di fronte a questi possibili visitatori dall’infinito, è necessario che il nostro mondo si
faccia scoprire unito e solidale. In che modo Blish dimostri questo suo asserto... ebbene,
leggete il libro per saperlo. Un’originalità di ottima lega, un’efficace perorazione, e
personaggi i quali, anche se a volte pensano di discendere dalle rane, sono di una
accattivante umanità (nel bene e, sf, anche nel male).
Tellini