Io, l'immortale
Roger Zelazny è uno degli autori venuti alla ribalta da pochi anni sulla scena della
science-fiction americana. Dopo qualche racconto apparso nel 1962, pubblicava nel ‘63 A
Rose for Ecclesiastes, una novelette che attirava su di lui l’interesse della critica e del
pubblico. Dopo quella data sono usciti diversi suoi lavori, tra romanzi e racconti; ma le sue
opere fondamentali rimangono This Immortal e Dream Master (questo romanzo, basato sul
famoso racconto He who shapes, sarà pubblicato in uno dei prossimi numeri di Galassia).
This Immortal è ricavato a sua volta da un serial apparso su The magazine of Fantasy and
Science-Fiction, “... And call me Conrad.” Per una volta tanto la trasposizione da
novelette a romanzo non ha creato scompensi di sorta nell’opera finale; e anzi si può
tranquillamente affermare che l’impatto e l’originalità della storia si sono conservati intatti
nella sua redazione definitiva. Il lettore avrà modo di constatare da sé quali siano le
caratteristiche più salienti dello stile di Zelazny; qui vogliamo limitarci a dare alcune
indicazioni generali, promettendo di sviluppare il discorso nell’introduzione a Dream Master.
L’autore cui, per diversi motivi, Zelazny appare più affine è senz’altro Samuel Delany: e
non è un caso che entrambi siano giovani, e facciano parte di quel movimento di
rinnovamento dei canoni della science-fiction che va sotto il nome di new wawe. Come
Delany, anche Zelazny ama riprendere situazioni classiche e apparentemente esauste: in
This Immortal l’ambiente è costituito da una Terra radioattiva, devastata da una
brevissima guerra atomica, popolata di mostri mutanti. La novità è tutta nei moduli di
scrittura, e nelle soluzioni date ai fatti narrati. Si badi anzitutto a come la storia sia
raccontata in prima persona: una tecnica letteraria piuttosto difficile, che implica una
costante partecipazione emozionale dell’autore agli avvenimenti. Tanto più difficile in
questo caso, in quanto il protagonista è un personaggio enigmatico, con un passato che
solo poco per volta si viene scoprendo (e non del tutto, sarà opportuno aggiungere: ogni
lettore è libero di decidere come meglio crede). Conrad Nomikos, ex Karaghiosis ex
parecchie altre cose, Kallikanzaros, immortale, è una persona simpaticissima ( forse
troppo), che si muove con la forza d’urto d’un carrarmato tra Egitto e Grecia, che resiste
ad ogni sorta di prova (e qui, vogliamo notare, a volte l’esaltazione eroica è troppo
esasperata, e manca d’un minimo di coerenza; ma poco importa, se il divertimento resta
assicurato), ammicca al lettore tra una riga e l’altra, cita frasi sue o altrui, riesce sempre
a sorridere di se stesso. E tutti gli altri personaggi che gli si muovono attorno (dal
silenzioso Hasan alla fredda, almeno apparentemente, Parrucca Rossa; a Phil il poeta,
all’antipatico Myshtigo, a George il biologo) hanno una loro precisa dimensione poetica ed
umana, che non scivola mai nella banalità. La struttura dell’opera è quella, classica, del
romanzo d’azione: i fatti si succedono a ritmo vorticoso, l’invenzione fantastica è continua
e fertilissima, e il substrato di leggende classiche dà un ulteriore tocco di fascino esotico.
Il tutto condito con un buon pizzico di suspense per quel che riguarda la missione del
Vegano e le future sorti della Terra, con una soluzione finale intelligente e abbastanza
imprevedibile. Un romanzo, dunque, che diverte con intelligenza; che si serve d’uno stile a
volte rapido e nervoso, a volte poeticamente disteso, per circondare i fatti d’un alone di
realismo fantastico; che piacerà, crediamo, tanto ai patiti della vecchia guardia che ai
fautori della nuova science-fiction; e che conferma definitivamente le notevoli doti di
scrittore di Roger Zelazny.
Tellini