Trenta giorni aveva settembre |
Tra l’ironia e la tenerezza: la narrativa di Robert Young sembra oscillare tra questi due |
poli. Qualche volta, s’indirizza verso il dramma o sfiora la tragedia; ma si direbbe che |
l’autore ceda malvolentieri a queste esigenze. L’ironia e la tenerezza sono i suoi due |
sentimenti preferiti, e si sforza quasi sempre di contemperarli con grande finezza. Qualche |
volta i suoi racconti sembrano riecheggiare temi cari a Bradbury, qualche volta |
richiamano motivi prediletti da Simak. Non si tratta mai di una imitazione a freddo, voluta |
e programmatica: piuttosto, di una occasionale consonanza con il patrimonio spirituale di |
questo o di quell’autore. E, in ogni caso, Young riesce a serbare la sua originalità. I temi |
prescelti in questa selezione di racconti sono spesso sociologici, in perfetta risonanza con |
alcuni dei problemi maggiori del nostro futuro: l’incremento demografico, le megalopoli, |
l’automazione. Altri autori, dotati di minore finezza e di una inferiore capacità di delicata |
ironia presenterebbero il futuro del mondo come un incubo tipo Metropolis, con masse di |
lavoratori-schiavi abbrutiti dalla fatica disumana. Young è troppo sottile e intelligente per |
abbandonarsi a concezioni in fondo così anacronistiche. Le sue masse del futuro sono |
abbrutite, ma non dal lavoro: dall’ozio forzato, imposto dall’automazione che ha reso ricchi |
gli uomini, ma li ha lasciati senza nulla o quasi da fare. I governi futuri non si |
preoccupano di favorire la riproduzione della razza umana, per avere a disposizione più |
schiavi: anzi, cercano di frenarla, ma contemperano quella necessità con una umanità |
irrinunciabile. Caso mai, è la folla, non il governo, ad essere spietata. Sono forse tutte |
sfumature che possono sfuggire a un lettore disattento, ma sommate insieme |
costituiscono una caratteristica che distingue Young da molti altri autori, e gli conferisce |
una personalità quasi unica. Altri dei suoi racconti prospettano futuri anche più remoti, e |
qui la sua fantasia garbata e commossa ha più vasto raggio di manovra, qui la sua ironia |
può giocare con grazia sdrammatizzando episodi in se stessi agghiaccianti: basterebbe |
pensare a L’Arc de Jeanne, e alla piega doppiamente inattesa che finisce per assumere il |
rito orrendo dell’autodafé; o a Progetto Piramide, in cui la battaglia decisiva per la |
conquista della Galassia finisce per essere combattuta (o meglio, non combattuta) in un |
passato remotissimo; o a Straccio, un racconto in cui l’inventiva è messa al totale servizio |
della commozione, tuttavia frenata da una autoironia incarnata dal protagonista stesso. |
Forse è difficile trovare per questi racconti di Young una parola più forte e più altisonante |
di ‘deliziosi’. Ma non è detto che questa parola, in ultima analisi, debba essere per forza |
meno elogiativa di ‘grandiosi’ o ‘allucinanti’. Anzi, in un certo senso, è un tributo ad una |
qualità interiore umana assai più preziosa. |
Tellini |