Settore Generale
Cari amici, anche questa è fatta. Il primo volume ufficiale dello Science Fiction Book Club
è varato e mi auguro che vi piaccia. Ray Bradbury, l’affascinante eretico della
science-fiction, il maestro indiscusso della science-fantasy, disertava il pubblico italiano
specializzato da tempo immemorabile (a parte, il racconto apparso qualche mese fa su
Galaxy, ma in questo caso il merito era di Fred Pohl), tanto che altri editori si davano alle
ristampe. Naturalmente, era arrivato il momento di dire energicamente “basta!” al
gentilissimo Ray e di indurlo a fare onorevole ammenda cedendo per un’edizione italiana la
sua più famosa raccolta di racconti, A medicine for melancholy, che è diventata appunto
La fine del principio. Per la verità, Bradbury ha accettato con molto entusiasmo
l’imposizione e mi ha semplificato grandemente il compito, dichiarandosi felicissimo di poter
offrire un suo libro ai suoi ammiratori del paese che (come lui stesso ha scritto), ha dato i
natali al creatore della Gioconda, il cui sorriso è stato appunto da Bradbury trasformato
nei fulcro ideale d’un racconto che è uno dei gioielli de’ La fine del principio. Per i devoti
fans di Bradbury, questo volume rappresenterà in un certo senso una sorpresa rispetto
alla sua produzione conosciuta fino ad oggi in Italia: a parte qualche esempio allucinante
(Delirio, Il dragone, per citarne qualcuno), questa raccolta presenta in tutta la sua
completezza un aspetto meno noto ma non per questo meno importante di questo autore:
non più creatore di racconti “neri “, perversi e angosciosi, ma di quadri delicatissimi, aerei
e scintillanti, arricchiti di preziose sfumatura di poesia barocca, che senza dubbio
rappresentano alcune tra le vette più alte della science-fantasy, un genere che all’estero
è considerato un ramo molto prossimo, ma anche nettamente distinto, rispetto alla
science-fiction, e che in Italia, per un equivoco che risale proprio alle origini
dell’importazione fantascientifica,- viene quasi regolarmente confuso con il filone
principale, in realtà più ortodosso e meno fantastico. Spero che questo ritorno di Bradbury
sia gradito a tutti voi: era giusto, in fondo, che lo SFBC inaugurasse la sua attività con
un volume eccezionale, recuperando un autore richiestissimo e purtroppo assente da
molto tempo. Spero che questo primo volume vi dia anche un’idea chiara dell’indirizzo che
intendo imprimere alla collana: che non sarà affatto una specie di succursale di Galaxy e
di Galassia, ma la vetrina in cui verranno offerti autori ormai dati per irrecuperabili anche
dai più ostinati... inseguitori, sostanziose antologie di celebri science-fictioneers e romanzi
salutati dalla critica, nei loro paesi di origine, come avvenimenti straordinari. Posso
assicurarvi che mi sono data da fare e che ho fatto sgobbare i miei amici più preziosi e
influenti di due continenti per assicurarmi materiale sufficiente a coprire, fin d’ora, un
lungo periodo di attività dello SFBC. Non posso anticiparvi tutto, perché sciuperei le
sorprese che verranno realizzate di volta in volta. Scusatemi se debbo lasciarvi con un po’
di curiosità... ma se pensate che La fine del principio costituisca una buona garanzia per
l’avvenire, mi auguro che vi fiderete di me: e, più che di me, dei miei amici e collaboratori
che hanno un’esperienza ed una competenza ben superiore alla mia. Vedete, è il caso di
dirvi onestamente che competenti di science-fiction non si nasce. Non ci si può svegliare
una mattina e dire «bene, da oggi io faccio l’esperto di sf». L’unica soluzione, per potersi
occupare di sf con la speranza di cavarsela, è andare un po’ a scuola, scegliendosi come
maestri autori e specialisti con esperienze ventennali o trentennali alle spalle. Ai tempi in
cui combinavo romanzetti firmandoli spesso con il nome del mio cane (il mio cane
protestava, diceva, a ragione, che lui avrebbe saputo fare di meglio), avevo anch’io,
come parecchi miei colleghi indigeni, la ferma convinzione di sapere tutto sulla sf. Poi,
quando ho cominciato ad occuparmene sistematicamente, mi sono accorta che avevo
ancora una quantità di cose da scoprire, così ho deciso di cominciare ad imparare sul serio
da chi ne sapeva più di me. Il mio metodo è tuttora in vigore, e forse è un bene, perché
in questo modo posso valermi di consulenti che si chiamano Carnell, Asimov, Pohl, Aldiss,
Harrison, Ernsting, Simak, per l’attività dello SFBC: una specie di gestalt, che, mi auguro,
riuscirà ad incontrare la vostra costante approvazione. Avete richiesto e ricevuto il
Bollettino dello SFBC? Vi consiglio di non lasciarvi sfuggire l’occasione: non è solo un
notiziario, ma contiene anche racconti (nel primo numero: Il dono di Ray Bradbury), e
articoli critici (sempre nel primo numero: Fantascienza e sociologia, che Franco Valobra,
condirettore di Cinema Domani e collaboratore abituale de’ Le Ore, ha scritto apposta per
voi). E adesso che ho finito di fare pubblicità allo SFBC, passo a Galassia: conoscete già il
dottor Conway e il maggiore O’ Mara: ma non conoscete ancora il dottore Prilicla, un
bell’insettone empatico e servizievole che è il nuovo assistente dell’irrequieto Conway:
eccovi l’occasione per rimediare a questa... lacuna. In questo numero, poi, riprendendo il
discorso sugli italiani iniziato nel numero di febbraio con la presentazione dei racconti di
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