Saltatempo
Lo incontriamo da ragazzino mentre una mattina di fine inverno "scarpagna" verso le
Bisacconi (le scuole elementari del paese, un cubo giallo vomito dentro un giardino di
erbacce barbare). Canticchia "Se mi vuoi lasciare dimmi almeno perchè". Sono gli anni
cinquanta e mentre ruba in una vigna un grappolo di schizzozibibbo, Lupetto, così lo
chiamano, vede un uomo, alto come una nuvola, con una barba immensa e un cane
vecchio al suo fianco. Un dio? Una divinità pagana grande e sozza come un letamaio che
gli regala, per tutta la vita, una facoltà meravigliosa: un orologio interno anzi un orobilogio
che gli consentirà di correre avanti nel tempo, di vedere quello che accadrà nel mondo e
insieme di vivere il suo tempo, tra premonizioni e rivelazioni. Così Lupetto diventa
Saltatempo, cresce bislacco e combattivo, mentre il paese dove vive si va trasformando e
l'orobilogio con i suoi giri improvvisi e vorticosi prospetta il tempo che verrà. Dalla guerra
partigiana al sessantotto, dalla nascita della televisione al tempo eroico del rock, dal
primo amore al primo amico perduto, sotto la profezia di un delitto che forse si compirà: è
il tempo dell'Italia che cambia, dei paesi che perdono la loro identità per diventare svincoli
autostradali, del nascere e crescere dell'avidità e dei nuovi padroni, il tempo del
consumismo che avanza, della trasformazione della politica e del mondo
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