Padrone della vita, padrone della morte |
Robert Silverberg, l’autore di alcuni romanzi di successo (tra i quali ricordiamo ‘Il Seme |
della Terra’, uscito nella celebre antologia ‘Terrestri e No’, e il piacevole ‘Stranieri dallo |
Spazio’, uscito su ‘Galassia’ con lo pseudonimo caro all’autore di David Osborne) annovera |
al suo attivo numerosi racconti e alcuni romanzi di forte impegno sociologico, benché la |
sua produzione sia molto discontinua. Probabilmente questa discontinuità è dovuta al |
fatto che Silverberg, a differenza della maggior parte dei grandi autori di fantascienza |
(primi fra tutti Cordwainer Smith, Brian Aldiss, Clifford Simak e Jack Williamson) è pessimo |
stilista. La sua prosa non è mai arricchita da un’impennata di poesia, spesso il suo |
linguaggio è tipico del professionista della penna incapace di trasformare in stile la sua |
capacità di far seguire una parola all’altra sul foglio. Perciò le idee, il vigore, la stessa |
genialità che Silverberg dimostra nelle sue opere migliori — come questo ‘Master of Life |
and Death’, opera celeberrima in America — vengono sovente sciupate dalla forma spesso |
irritante e squallida con la quale esse sono scritte. ‘Un geniale analfabeta’, è stato |
definito Silverberg da alcuni critici inglesi, e la definizione, sebbene ingenerosa — |
recentemente Silverberg ha mostrato una maggiore applicazione ai problemi stilistici, e un |
maggior rigore di espressione in talune opere — non è molto lontana dal vero. ‘Master of |
Life and Death’ è uno dei classici ‘capolavori a metà’ di questo sconcertante autore. |
Ovviamente, la forza dell’idea e lo svolgimento della trama, così agghiaccianti e nello |
stesso tempo spietati nella presunzione che ‘il fine giustifichi i mezzi’ (e tra le pagine di |
questo romanzo par di sentire aleggiare l’ombra della Gestapo e dei campi di sterminio) |
arricchiscono quest’opera di valori assai superiori a gran parte della produzione dell’autore. |
Si tratta di un’opera geniale di cinismo, di crudeltà, di fredda ferocia, nella quale non un |
barlume ideologico, non una sola scintilla di speranza fanno sperare in un possibile riscatto |
del protagonista — Walton, che non è un antieroe ma, questo è assai più tragico, un |
autentico ‘eroe’ — e in questo caso l’antistile di Silverberg è quasi opportuno, serve a |
imprimere meglio nel lettore lo squallore crudele della situazione, la volgarità ideologica dei |
motivi che spingono Roy Walton a usare metodi che lo stesso Hitler avrebbe forse |
sdegnato pur di raggiungere un ‘fine’ che è più di ogni altra cosa la difesa della propria |
posizione. Roy Walton ricorda forse un freddo tecnocrate del Cremlino, e a tratti |
addirittura un macellaio di Auschwitz; ma il suo ambiente è americano, l’ambiente di |
un’America amara e vicinissima a noi. Romanzo, dunque, d’insolita crudeltà, di valore |
immenso come documento di una mentalità, come geniale intreccio socio-tecnologico, |
come vigore delle caratterizzazioni. Romanzo sconvolgente nel senso classico della parola, |
che non può essere letto con indifferenza o noncuranza, ma che colpisce e avvince dalla |
prima all’ultima riga. Romanzo d’eccezione, nel quale perfino l’antiscrittura di Silverberg, |
come già detto, risulta funzionale e funzionante. Un’opera che è dir poco definire |
eccezionale, e che esprimendo idee che — ce lo auguriamo — i nostri lettori non possono |
condividere neppure in parte, si impone al rispetto di avversari e detrattori per la |
magistrale impostazione che Silverberg, così avversato e così esaltato in America, ha |
Tellini |