Frankenstein ovvero, il Prometeo Moderno
Per oltre un secolo e mezzo dalla sua pubblicazione, Frankenstein, il romanzo di Mary
Wollstonecraft Shelley, ha continuato a parlare al di là della pagina scritta, attraverso il
teatro, il cinema e tutte le altre forme dell’immaginario. Da romanzo gotico, nato quasi per
caso a Villa Diodati in una piovosa serata del 1816, Frankenstein è diventato un mito
letterario la cui fortuna si è arricchita con il passare delle generazioni.
Nella mostruosa creatura a cui uno scienziato dona la scintilla vitale, si riflette come in un
gioco di specchi un fitto intreccio simbolico: l’ambiguità dell’atto di creazione, la ribellione
della creatura verso chi l’ha generata, il diverso che ci somiglia perché riflette la nostra
ombra folle e perversa, l’orrore dell’altro che prende vita dall’inanimato.
È tutto questo ed altro ancora, ma soprattutto annuncia un genere letterario che deve
ancora nascere, di cui però sa anticipare le tensioni e la forza cognitiva.
La modernizzazione del tema faustiano è l’anima di questo primo vero romanzo di
fantascienza, che ritrae compiutamente la duplice natura dell’individuo e il suo conflitto
con una società che ormai vive dentro la scienza.
Leggere per la prima volta il romanzo di Mary Shelley, o rileggerlo con spirito attento, vuol
dire compiere un’affascinante scoperta, scavando nel cuore del mito per arrivare alle
radici più profonde della fantascienza
Viviani