Adriano VII
È certo un libro in cui si riflette la vicenda reale di Rolfe che, convertitosi al cattolicesimo,
aveva iniziato gli studi in seminario, ma ne era stato presto allontanato a causa della sua
eccentricità e dei suoi conflitti con l'autorità costituita. Il memorabile esordio ci mostra la
vita meschina di George Arthur Rose, un prete mancato ridotto a vivere di espedienti ai
margini della vita letteraria e del giornalismo. Ma un avvenimento nuovo riscatta questa
miseria: la gerarchia ecclesiastica non ha dimenticato l'uomo a cui ingiustamente è stato
impedito di prendere gli ordini. Un vescovo e un cardinale si presentano al protagonista,
che in poche pagine diviene sacerdote e si reca a Roma per il conclave al seguito del
cardinale. Qui, per una serie di irripetibili circostanze intrecciate con irripetibile perizia da
Rolfe, George Arthur Rose è eletto papa: sarà Adriano VII. Ciò che segue, insieme favola
privata e mito, è un dispiegarsi illimitato delle proiezioni della fantasia, forse della
mitomania di Rolfe: le riforme ecclesiastiche, le trattative con i capi di stato europei, i
rapporti con i nobili romani, fin troppo simili ai protettori e ai mecenati che Rolfe cercò,
perseguitò, ricattò nella sua vita tormentata.
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