V. |
V. è il primo romanzo di Thomas Pynchon, quello che lo rivelò come uno dei più straordinari |
talenti della moderna letteratura americana. Pubblicato per la prima volta nel 1963, fu |
accolto come un capolavoro, «l'unico romanzo della nostra epoca che ha il respiro e il |
vigore stilistico di un classico», «una grande metafora del XX secolo». Ha come motivo |
centrale la ricerca di un'entità misteriosa chiamata V., forse il principio stesso della |
femminilità, che assume molteplici aspetti e sembianze sfuggendo a ogni precisa |
identificazione. V. è di volta in volta la dea Venere e il pianeta Venere, la Vergine, la città |
della Valletta a Malta, l'immaginaria terra di Vheissu, il Vesuvio, il Venezuela. Ed è molte |
donne: Victoria, Veronica, Violet. Diversi altri temi si intrecciano nel romanzo. Fra questi, |
come scrive Guido Almansi nell'introduzione, «l'apocalisse: la fine del mondo così come lo |
concepiamo oggi (o lo concepivamo ieri)». A partire da oggi - dice Pynchon - incomincia la |
minaccia suprema: gli uomini e le donne vengono gradualmente sostituiti da esseri bionici, |
androidi, addirittura da robot. La donna ideale è Violet: "Un giorno, se Dio vuole, ci sarà |
una donna tutta elettronica. Forse si chiamerà Violet. Se uno ha qualche problema, basta |
guardare nel libretto di manutenzione". Sullo sfondo di questo scenario inquietante, |
raffigurazione di un mondo in preda al caos, si muovono i due protagonisti: Benny Profane, |
un vagabondo goffo e impacciato che vive le avventure più bizzarre cercando lavoro a |
New York (va persino a caccia di alligatori nelle fogne di Manhattan) e il suo opposto |
Hubert Stencil, un inglese di mezza età che dedica la propria vita all'inseguimento |
ossessivo della misteriosa V. spaziando da Malta al Sud Africa, da Parigi a Firenze |
all'Egitto «pur non sapendo nemmeno se si tratta di una donna, di una divinità, di un |
simbolo o di un segno grafico». Enciclopedico, labirintico, immensamente ambizioso, |
infinito gioco di specchi, «moderna versione di Ulisse», V. riflette la pirotecnica capacità |
d'invenzione del suo autore, la sua ansia dissacratoria, il suo humour nero e corrosivo. |
«Affermandosi per virtù della sua stessa arte, V. ci offre lo humour come risposta al senso |
di vuoto dell'esistenza, perché come ben sapeva Mark Twain, lo humour è la migliore |
difesa dell'uomo contro l'indifferenza dell'Universo» |
(Robert E. Golden). |
Bonazzi |