Il tesoro del Bigatto |
Emiliano di nascita e di cultura, Giuseppe Pederiali, opera nei suoi romanzi un felice impasto |
tra le fantastiche metamorfosi (anche biologiche) del reale e i terrestri incantesimi (con |
proiezioni lunari e arcane) dell'immaginazione spirituale. |
Le sue favole narrative combinano abilmente la semplicità dell'avventura e l'ambiguità della |
metafora. |
Un suo romanzo del 1978, Le Città del Diluvio, si apriva con questa epigrafe: "Per fare un |
sortilegio basta crederci". Era un invito ad abbandonarsi a un geometrico intreccio in cui |
storia e leggenda, invenzione e mito avevano come sfondo un paesaggio piatto, leggermente |
concavo al centro, nella parte orientale della Valle del Po, dove si raccoglievano tutti i |
"mostri" del corpo e dell'anima, e dove si muovevano personaggi destinati, tra gnomi e maghi, |
a vivere incantesimi. |
"Per fare un miracolo bastacrederci" è l'epigrafe che apre Il tesoro del Bigatto. Il miracolo |
cristiano sostituisce il sortilegio pagano e l'abbandono alla fantasia è anche un atto di fede. |
Siamo in Emilia nell'anno 1077. Matilde di Canossa ospita papa Gregorio VII e attende l'arrivo |
di Enrico IV. Chiede a Sant'Anselmo, eremita della Pietra di Bismantova, di mettersi in viaggio |
con un'ambasceria per il Patriarca di Aquileia. Il Diavolo, in dispetto al Papa, cerca di impedire |
che |
Sant'Anselmo porti a termine la sua missione. Il romanzo racconta quindi un viaggio |
propiziatorio in una Padania medievale innevata, paese di animali misteriosi e di uomini |
awenturosi, scenario di prodigi, di magia e d'amore. |
Cottogni |