La rivoluzione Thurb
Già nell’introduzione a Star WelI abbiamo avuto occasione di parlare del ciclo di Villiers.
The ThurbRevolution è il secondo episodio della serie: forse più riuscito, a nostro parere,
del primo, e più fragorosamente divertente. La tecnica di Panshin in questo romanzo è
particolarmente abile: l’intreccio nasce tutto dall’accavallarsi dei personaggi, e non delle
situazioni; la trama in sé è piuttosto immobile, com’è del resto provato dal brevissimo
lasso di tempo in cui essa s’apre e chiude. Ma l’opera ha un’aria tutt’altro che statica: il
lettore è continuamente costretto a ricapitolare i fatti avvenuti, a ricordare i nomi dei
personaggi; una specie d’allenamento mentale che rientra evidentemente nel gioco
raffinato dell’autore. I personaggi, l’abbiamo già detto, sono parecchi: a parte i soliti
Villiers e Torve (di cui è particolarmente gustosa la abitudine di scorrazzare su un triciclo
rosso, immediatamente evocatrice d’un’immagine quasi magica), troviamo parecchi
individui interessanti. Dall’Ammiraglio Walter Beagle, un uomo gonfio di sé e
maledettamente goffo e ottuso; a Ralph e rohn e Fillmore, tre ragazzi che portano avanti
un messaggio rivoluzionario sui generis (sarebbe anzi interessante discutere le idee
politiche di Panshin, ma forse questa non è la sede più adatta); a Claude la Nucchia,
enigmatica creatura che pretende di essere Dio e- riuscirà a farsi almeno un proselito
(beh, le idee di Panshin sulla religione sono chiare). E ancora David, un giovinetto che
nasconde un romantico segreto; Fred, un tipo che si mimetizza dietro i propri baffi, troppo
integro forse per un mondo tanto corrotto; Dreznik, l’assassino morto già tre volte,
pallido e cadaverico quanto spietato e abile (i due delitti che gli vediamo compiere nel
romanzo sono tra i più interessanti degli ultimi anni). Ma come nell’opera precedente, il
punto più caratterizzante di Thurb Revolution resta il dialogare continuo di Panshin coi
lett6ri. Ogni capitolo che si apre è una possibilità per fare due chiacchiere, semplici e
piene di buon senso, su questo e su quello: sulla notte, sulla necessità di manipolare gli
oggetti, sull’alternarsi delle culture. Un Panshin filosofo? Probabilmente no, ma siamo sicuri
che un appellativo del genere gli farebbe piacere; diciamo piuttosto un Panshin uomo
intelligente, con gli occhi aperti, disposto a mettere in discussione tutto e tutti. E
spingendo più in là il procedimento, in questo romanzo egli arriva addirittura a motivare le
azioni dei propri personaggi, a giustificarle dall’interno della loro psicologia; il più delle volte
per mostrare quanto incoerente e ridicolo sia il comportamento umano. Non è un caso
che tutti i protagonisti dell’opera siano più o meno macchiette, individui con
caratteristiche ben determinate e inderogabili: è già una lezione accettare un punto di
vista del genere e portarlo alle estreme conseguenze. Quanti di noi sarebbero disposti a
riconoscersi nei panni, per esempio, dell’Ammiraglio Beagle o di Walter Morgenstern?
Eppure la vita è quello che è; ma non ce ne accorgiamo. li gusto dell’opera potrà magari
essere discutibile; le idee potranno anche parere opinabili; ma a parte i gusti personali,
resta un inquietante sottofondo d’intelligenza che dovrebbe offrire lo spunto per qualche
meditazione. Per esempio: voi siete Realisti o Nominalisti? Fatevi il test. E quando
manipolate, siete felici o infelici? E andate a letto presto o tardi? E attenzione a non
lasciarsi trarre in inganno dal tono leggero del romanzo: una cosa è l’ironia, un’altra il riso
sguaiato. Panshin non ride mai; tutt’al più sorride, un po’ a denti stretti. La cosa migliore
sarebbe scrollare la testa e tirare avanti; ma che barba, no?
Tellini