Essi ci guardano dalle torri
Quando Kingsley Amis lo definì « una delle più brillanti promesse della SF contemporanea
», J. G. Ballard non aveva ancora scritto che due romanzi Il vento dal nulla (Urania 288) e
Deserto d'acqua (Urania 311). Vennero poi i quattro magistrali racconti che non esitammo
a riunire in una stessa Antologia (Urania 321) con altrettanti racconti di Clarke. Oggi con
« L'astronauta scomparso » e le altre short-stories di Essi ci guardano dalle torri, Ballard
ha cessato di essere una « promessa » per affermarsi definitivamente come il terzo
grande della SF inglese, con Arthur Clarke e John Wyndham. Ma più ancora di questi ultimi
e dello stesso Bradbury - che con lui ha alcuni punti di contatto - Ballard si va rivelando
come un autore completo: uno di quegli scrittori che se dalla fantascienza traggono la
loro ispirazione più profonda e eostante, finiscono tuttavia per imporsi su un livello di alta
letteratura. Nelle due storie più lunghe di questa raccolta, si notino la forza di scrittura e
la stupefacente suggestione dei simboli; nelle tre più brevi, s'ascolti per esempio quel
suono di clalcsons che sale dai piedi del grattacielo... Sono storie « di semplice
fantascienza »: ma con un vento di tragedia vera sempre pronto a levarsi come un vento
dal nulla, per trasformare la storia in poesia.
Tellini