Programma finale |
Michael Moorcock è uno dei massimi esponenti delle nuove leve inglesi della sf: editor di |
New Worlds, amico di Ballard, innovatore sfegatato. Il suo aspetto, a quanto ci |
assicurano, non è dei più comuni: è grasso, capellone, beve moltissima birra. In Italia è |
praticamente sconosciuto: autore di una lunghissima serie di romanzi di sf Eroica, The |
History of the Runestaff, nei quali rimescola con consumato mestiere tutti gli ingredienti |
classici del genere, si cimenta in questo romanzo nella descrizione dell’ambiente Beat e |
Hippie di Londra, che evidentemente gli è molto familiare. The Final Programme è un’opera |
complessa: Moorcock inserisce la sua vicenda fantastica in un contesto allucinato e |
provocatore come pochi. La Londra dei locali psichedelici e dei giovani drogati è un |
ambiente in cui Jerry Cornelius si muove perfettamente a suo agio. Non per niente suo |
padre aveva costruito un’enorme fortuna grazie all’LSD, e aveva passato questa passione |
ai figli. Un mondo completamente distorto e pazzesco, nel quale il furto, l’omicidio e |
l’incesto sono cose che non fanno più notizia, dove una festa può durare mesi, e gli |
invitati possono morire nel mezzo di una sala ed essere tranquillamente scavalcati dagli |
altri che vogliono ballare. Ogni valore morale sembra morto, sepolto sotto quintali di droga |
e menefreghismo; Moorcock approfitta con larghezza di questa situazione per i suoi scopi |
di puro divertissement. Ma non si può fare a meno di ritrovare nella storia di Jerry |
Cornelius una sottile vena tragica che nonostante tutto induce a sorridere, ma a sorridere |
di tristezza, con quella dolce e pacata malinconia che conduce con sé una razza che |
muore. Perché l’uomo sta morendo, si sta distruggendo, non con le bombe atomiche o con |
la guerra batteriologica, ma per mezzo dei suoi stessi sogni, della sua stessa civiltà. Una |
constatazione che l’autore lascia nell’ombra, che non discute apertamente, ma che |
adombra nel finale, nella creatura nuova che ha preso vita e che si trova di fronte ad un |
mondo finalmente “ saporito “. Moorcock gioca con il lettore, sembra volerlo prendere in |
giro con la sua prosa spezzata e qualche volta irritante, piena di angoli bui che lasciano in |
bocca un gusto amaro. Ma scavate dietro l’apparente ironia di Moorcock e vi accorgerete |
che le sue idee sono vere, attuali, conformate alla società in cui egli vive e nella quale |
anche noi ci troveremo a vivere, se già non ci siamo. I tempi che avanzano sono carichi |
non di promesse, ma di droga, di musica, di colore e sopratutto di Uomo. |
Tellini |