Perelandra
Quando C.S. Lewis – uno dei due più celebri membri del gruppo degli Inklings di Oxford
(l’altro era Tolkien) – si lanciò, nel corso degli anni Trenta, nella azzardata impresa di
scrivere una trilogia di fantascienza metafisica, il mondo non era ancora invaso da miriadi
di racconti di guerre stellari. Lewis li anticipò – ma subito andò ben oltre. Di fatto, ciò che
più gli stava a cuore non era la creazione di remoti scenari cosmici (nella quale peraltro
era maestro), ma qualcosa di più avventuroso: narrare una nuova sfida fra Bene e Male in
cui il Bene riesca a vincere in modo plausibile. E qui, nella descrizione della lotta fra l’eroe
Ransom e il feroce Weston che vuole corrompere l’innocenza del pianeta abitato dalla
Signora Verde, l’acume del teologo si incontra felicemente con l’estro del romanziere.
Come in Tolkien, anche in C.S. Lewis la sapienza fabulatoria ha innanzitutto la funzione di
svelarci una impalcatura etica e metafisica estremamente salda.
Perelandra è apparso per la prima volta nel 1943.
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