Nastro rosso a New York
"Una favola cupa e brillante di stregoneria moderna che induce il1ettore a credere
nell'incredibile. Ci ho creduto e mi ha affascinato." Così Truman Capote ha giudicato
questo straordinario best-seller satanesco, erede della grande tradizione americana
dell'orrore e dell'angoscia che va da Poe a Lovecraft. È un erede tanto vitale che è stato
immediatamente tradotto in un raffinato film-incubo, di prossima programmazione, diretto
da Roman Polanski e interpretato da Mia Farrow.
Il romanzo si svolge ai nostri giorni, e il contrasto stridente fra l'era dei televisori
e le pratiche stregonesche accentua la malia della narrazione: via via aggravata da una
tensione allucinante che ondeggia instabilmente tra la nevrosi e una realtà orrenda,
cresce senza requie e non si risolve nemmeno alla fine. All'inizio l'incubo non si avverte:
affiora a poco a poco. Anche se, quando Rosemary e suo marito vanno ad abitare in un
appartamento al Bramford, uno degli ultimi palazzoni liberty di Manhattan, sanno che, al
principio del secolo, in quel vecchio edificio vittoriano nero e imponente, hanno abitato
non solo
illustri personaggi come Isadora Duncan e Theodore Dreiser, ma anche tenebrosi individui
come le rispettabili sorelle Trench, che a tempo perso si davano al cannibalismo, e Adrian
Marcato, uno stregone adoratore del diavolo che, si diceva, era riuscito a evocare Satana
in persona. Una casa, insomma, densa di ombre, dai soffitti alti, trasudante terrore. E
abitata da "vicini" inquietanti.
Ben presto il clima stregato si concreta in orribili fatti che incombono ossessivamente
sulla smania che ha Rosemary di avere un figlio: messe nere, fatture, riti magici, passaggi
segreti, oggetti e quadri demoniaci, torture, personaggi terrificanti. Ciò che accade tra
quelle mura, soprattutto alla fine, non è il caso di raccontarlo, poiché la suspense del
mistero orrendo è una delle virtù più forti di questo intelligente romanzo. Che, oltre tutto,
è anche scritto con uno stile vivace, spigliato, molto moderno.
Cottogni