L'alba delle tenebre
individui senza scrupoli non tanto il sollievo spirituale e l’appagamento dell’istintiva ricerca
umana di un mondo soprannaturale, quanto il desiderio di guadagno e la brama di potere.
La religione del Grande Dio, la potentissima Gerarchia, che noi vediamo in questo libro, è
completamente diversa da quella scismatica ed eretica di Lester del Rey ne’ L’Undicesimo
Comandamento: a dire il vero, non si tratta neppure di una religione, perchè fin dalle prime
pagine, nel discorso di Fratel Jarles al plebei nella Grande Piazza di Megatheopolis, viene
scoperta la carta che un autore meno dotato e meno audace di Leiber avrebbe tenuto
nella manica fino alla conclusione della sua partita con il lettore. Così quest’ultimo viene
subito a sapere che la Gerarchia non è una religione, bensì un astuto sistema escogitato
dagli scienziati per impadronirsi del mondo e tenerlo saldamente in pugno. E le somiglianze
che si scoprono con le strutture e la gerarchia della Chiesa Cattolica sono sottilmente
escogitate per mostrare tutta l’assurdità e l’ironia della situazione. Il lettore intuisce una
specie di sottile compiacimento degli scienziati i quali hanno soffocato la cultura e la
libertà, nell’ispirarsi a quella stessa Chiesa che, negli anni più oscuri della storia del mondo,
ha saputo trattenere la luce del sapere e della scienza e della morale e conservarla per le
generazioni future. Jarles, prete del Circolo Primo, il gradino più basso della scala
Gerarchica, all’inizio della storia si ribella. Si ribella al cumulo di falsità e di menzogne sulle
quali poggia il dominio dell’onnipotente Gerarchia. Ma neppure questo è il tema del
romanzo. Perché questa ribellione è stata accuratamente programmata da Goniface,
l’arciprete che rappresenta l’ultima e grande intelligenza di una Gerarchia che, nel corso
dei secoli di potere e di oppressione, ha finito per perdere quella forza Vitale che l’aveva
condotta al dominio del mondo. Goniface è una figura enigmatica, che si riavvicina alle
mentalità politiche illuminate del Rinascimento, un realista privo di scrupoli, privo di
sentimenti e di affetto eppure cosciente della grandezza della Gerarchia, un idealista
senza ideali, o meglio, che non confessa di possedere ideali. E di fronte a Goniface, nel
momento in cui egli tenta l’ultima scalata verso la vetta del potere assoluto, si erge la
prima minaccia seria e organizzata che la Gerarchia abbia mai dovuto incontrare dalla sua
fondazione. E’ nell’entità di questa minaccia che Leiber dimostra la sua audacia: infatti, in
un mondo nel quale la religione è diventata paravento e strumento di sopraffazione sui
plebei, la massa della popolazione costretta a una specie di servitù della gleba di tipo
medievale, la arma efficiente di quella guerra psicologica qui descritta con esemplare
maestria può essere un’altra struttura pseudo-religiosa: una bizzarra trasformazione del
culto di Satana, una Stregoneria scientifica con tanto di demoni e fantasmi, e con dei
deliziosi familiari tratti di peso dalla tradizione medievale che rappresentano forse le
creature più bizzarre e simpatiche della intera narrativa fantascientifica, con il loro
linguaggio semplice e pittoresco, con la loro perenne necessità di ottenere il sangue dai
loro grandi fratelli, con quell’affetto cieco e sottomesso che raggiunge il culmine quando
Dickon, il familiare dell’Uomo Nero (uno dei capi della Stregoneria) rischia la vita per
soccorrere il suo gemello-padrone nelle cripte della Cattedrale. Gather, Darkness! è un
romanzo troppo turbinoso e complesso, non nella trama ma nelle situazioni, per essere
presentato compiutamente in queste poche righe di introduzione. E il lettore potrà
rendersi conto personalmente dei meriti e della raffinata ironia di Leiber (si veda, per
esempio, quel piccolo gioiello d’umorismo che è la scena del Grande Risveglio nella Piazza
di Megatheopolis oppure l’incontro nelle gallerie sotterranee — ricordo di un’Età d’Oro in
cui la scienza aveva raggiunto il suo culmine, forse avanzi di un’antica metropolitana —
tra Madre Juy, la vecchia strega, e Dickon), leggendo le pagine del romanzo che, in senso
assoluto, è uno dei più belli, intensi, raffinati, drammatici e, soprattutto, divertenti che ci
sia mai capitato di leggere.
Tellini
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