Gli idioti in marcia
Cyril M. Kornbluth è entrato ormai da tempo nella leggenda del circoscritto mondo
fantascientifico; e come avviene spesso per un autore o per un’opera collocati d’imperio in
questo settore, viene sottratto alla critica per essere consegnato all’agiografia. Visto
nella prospettiva distorta del ricordo e della tradizionale pietas per i morti, Kornbluth è
stato visto per ciò che non è, e in qualche caso è stato addirittura esaltato come
l’apportatore dei più fervidi temi sociologici nella celebre produzione che lo vide abbinato
per qualche tempo, e spesso con risultati straordinari, a Frederik Pohl. Tuttavia Kornbluth,
nella sua produzione personale — cui pare non fosse estranea la moglie Mary — raggiunse
frequentemente livelli di altissima tensione e di intelligente sarcasmo. Poliedrico e forse
appunto per questo discontinuo, nei suoi racconti balza inquieto da una tematica all’altra,
mai precostituendosi un filone suo proprio, e spesso contraddicendo se stesso con una
disinvoltura che potrebbe apparire leggerezza se non la si potesse invece accettare nella
sua più reale dimensione di ripensamento. È difficile dimenticare le prese di posizione,
francamente irritanti, assunte in certi suoi romanzi nei quali un legittimo quanto viscerale
odio per le dittature lo portava ad esaltare indiscriminatamente contro- misure non meno
dittatoriali in nome della difesa della libertà. È difficile anche spiegarsi perché nel robusto,
mordente racconto che apre questa sua antologia, si abbandoni a considerazioni
abbastanza razzistiche, attribuendo la degenerazione intellettuale degli americani alle
masse degli operai stranieri immigrati. Ma Kornbluth non va letto con la pretesa di
scoprirne precisi lineamenti sociologico-politici, di scoprirlo come il paladino di una
mentalità coerentemente progressista o come il fautore di concezioni retrive e
reazionarie: va letto e accettato nella sua qualità di abilissimo story teller, di narratore
che si diverte a inventare le sue vicende non meno di quanto i suoi lettori si divertano a
recepirle. La gamma tematica è piuttosto vasta: dal motivo tipico del mostro nato per
influsso di radiazioni atomiche all’originale quadro d’una società di sottosviluppati mentali
che schiavizzavano pochi formidabili intellettuali; dalla classica storia dell’invasione
marziana, inquadrata però in modo insolito, con una sorniona e soddisfatta panoramica sul
mondo delle agenzie di stampa alla brillante e sottile saga spaziale strettamente dominata
da anticonformistici motivi utilitari; dal quasi-non-più-fantascientifico ritratto del giovane
genio monopolizzato da un esasperato colonnello del controspionaggio alla patetica
descrizione del declino di artista in un mondo in cui si insinua un giovane brillante e senza
scrupoli al gioco sottile degli inganni tessuti da un misterioso extraterreste. E in nessuno
di questi racconti manca mai la molla di un interesse accattivante, il fascino di una
fantasia brillante e inesauribile.
Tellini