Solomon Kane il giustiziere
Solomon Kane fu il primo personaggio inventato da Robert Howard e a detta di molti critici
anche il meglio riuscito. Robert Weinberg, studioso delle opere di Howard, afferma che
Solomon Kane è una delle poche figure letterarie di Howard a possedere uno spessore
psicologico, cosa rara per la narrativa pulp dell’epoca, poiché esso è tormentato dai dubbi e
dallo sconcerto delle sue azioni, ma nello stesso tempo è animato da nobiltà d’intenti e quindi
dall’incrollabile fede di essere nel giusto.
Solomon Kane che incontriamo in questo volume che raccoglie l’intero ciclo delle sue storie,
di aspetto severo e paludato di nero, il volto pallido incupito dalle folte sopracciglia che
sormontano occhi ardenti, venne fatto nascere da Robert Howard nel Devonshire, sulla
tormentata costa occidentale dell’Inghilterra, patria di numerosi soldati di ventura, come Sir
Francis Drake e Sir Richard Grenville con i quali Solomon Kane avrebbe in seguito avuto
contatti. Venne allevato nell’ortodossia puritana del XIV secolo e a giudicare dalla sua abilità
nella scherma fu addestrato nell’uso della spada sin dalla sua più tenera età. Cominciò i suoi
vagabondaggi e le sue avventure per sfuggire alle persecuzioni dei puritani scatenate dai
sovrani Tudor, mosso dall’ansia di vendetta. Kane non conosceva pietà né perdono; il male,
per lui, era un sigillo indelebile che perdurava anche dopo l’annientamento dei suoi avversari.
Assistiamo così alle mirabolanti e perigliose avventure di questo mitico personaggio della
Heroic Fantasy attraverso il suo vagare in terre straniere ed esotiche, in cui si trova a
combattere i pirati turchi, a ricercare fanciulle rapite da tribù africane, a partecipare a
sanguinose battaglie navali, a condurre guerriglie contro amerindi e cannibali, ad affrontare
duelli contro nemici che non sempre sono umani.
La spiegazione che Solomon Kane dette di se stesso fu la seguente: “finché ci saranno
uomini perseguitati e donne oltraggiate, finché i deboli di questa terra, umani e animali,
soffriranno, non potrà esserci riposo per me sotto i cieli azzurri, né pace ad una tavola o in
un letto.”
Viviani