Il mestiere dell'avvoltoio
Ancora una volta, Galassia ha la soddisfazione di presentare un romanzo di Robert Anson
Heinlein. Avendo ormai abituato i lettori soltanto agli autori maggiori e alle opere più
significative e più interessanti, Galassia non poteva trascurare un gioiellino estroso e
imprevedibile come Il mestiere dell’avvoltoio. L’unico problema che si è affacciato, dopo la
scelta di questo testo, è stato quello della presentazione. Parlare ancora una volta di
Robert Heinlein e della sua produzione, sia da un punto di vista critico che da uno
cronistico, sarebbe una ripetizione inutile. I lettori già conoscono la biografia di questo
autore e un esame piuttosto ampio della sua narrativa, entrambi contenuti nel Bollettino
dell’SF BC che annunciava la pubblicazione del capolavoro heinleiniano, Straniero in terra
straniera. Spiegare poi chi sia Heinlein a lettori attenti e informati come quelli di Galassia è
del tutto inutile, sarebbe come cercare di spiegare chi sia Federico Fellini a un critico
cinematografico. Il solo nome di Heinlein basta a fare scattare, nella memoria dei nostri
lettori, un rapido e incisivo profilo. Un autore dalla produzione vastissima, multiforme,
controversa e sempre originale. Uno scrittore discusso, incensato, criticato, esaltato
forse più di qualsiasi altro sciencefietioneer del mondo. Attorno al nome di Heinlein si sono,
di volta in volta, scatenate le polemiche più furibonde o si sono raccolte ondate univoche
di consensi. Tre Premi Hugo, un primato ineguagliato (Simak per ora è solo a quota due),
per tre romanzi, Double Star, Starship Troopers e Straniero in terra straniera. Legioni di
ammiratori e di imitatori. Un film basato su un suo romanzo, Destination Moon. Tirature
eccezionali per tutti i suoi volumi. Traduzioni in tutto il mondo, persino nell’Unione
Sovietica, dove pure è stato attaccato severamente per la sua difesa del capitalismo.
Critiche dure e lodi incondizionate anche negli Stati Uniti, un contrasto culminato in una
discussione di mezz’ora che si è tenuta il 23 ottobre 1960 alla radio, dalla stazione di New
York City, sulle idee esposte in Starship Troopers, un fallimento, forse l’unico, come
romanzo per ragazzi, ma origine di fervide e accanite polemiche come romanzo per adulti.
A questo panorama noto a tutti c’è da aggiungere, se mai, il centratissimo giudizio di
Umberto Eco, apparso su L’Espresso del 28 marzo di quest’anno: « Heinlein, che è
senz’altro il più dotato dei narratori di science fiction, ha un piccolo difetto: è, per così
dire, un po’ fascista. Poco, ma quanto basta per aver scritto con Il terrore dalla sesta
luna uno splendido manuale di maccartismo e con Fanteria dello spazio un’esaltazione
pressoché nazista della violenza bellica e di un corpo di paras spaziali. In realtà c’è da
supporre che il fascismo” di Heinlein sia semplicemente una sorta di fiuto commerciale,
attraverso il quale questo abilissimo artigiano capisce a volo, nei vari momenti storici,
quale sia il tema che colpisce meglio la fantasia di un pubblico medio, e si regola di
conseguenza, con cinismo e disinvoltura “. Alla luce di questa magistrale interpretazione,
si comprendono e si spiegano facilmente i bruschi mutamenti ideologici di Heinlein, che
spesso hanno dato molto da pensare ai critici specializzati, i quali lo hanno visto passare
da un franco liberalismo a un maccartismo feroce, da questo a una libertà progressista
tipicamente e nobilmente kennediana fino a un goldwaterismo di maniera, sempre senza
nemmeno l’ombra di una sola crisi spirituale.
L’abilità, il cinismo e la disinvoltura che Umberto Eco ha esattamente individuato come
caratteristiche principali della narrativa di Heinlein, sono spesso usati in senso positivo. E,
insieme a una immaginazione straripante, sono anche le caratteristiche dominanti del
Mestiere dell’avvoltoio. Questo è un romanzo che risale a parecchi anni fa. Eppure, Come
parecchi altri scritti di Heinlein, non denuncia affatto la sua età. Libero da ogni
preoccupazione strettamente politica o ideologica, costruito come un rompicapo irenico e
intelligente, Il mestiere dell’avvoltoio è un piccolo classico che anticipa di dieci anni certe
brillanti trovate di Sheckley. Basti pensare alla coppia di investigatori che vi compaiono, e
paragonarla all’altra coppia protagonista dell’irresistibile serie dell’AAA Asso di Sheck ley. Il
mestiere dell’avvoltoio apparve per la prima volta nel 1942, sulla rivista Unknown, gemella
della gloriosa Astounding. Parecchi anni dopo, nel 1959, venne raccolto insieme a cinque
racconti di diverse epoche, in un volume che venne edito da Gnome Press e che portava il
titolo del romanzo stesso. Nell’agosto del 1961, la stessa raccolta è riapparsa in una
fortunata edizione economica dei Pyramid Books, con il titolo 6 x H - Six Stories by
Heinlein. Questo volume, che pure contiene cinque racconti divertentissimi (tra cui ...And
He Built a Crooked House, noto in Italia in una traduzione intitolata La casa nuova), è
rimasto comunque famoso, negli Stati Uniti e all’estero, soprattutto per il romanzo che ora
vi presentiamo. Parlare qui de Il mestiere dell’avvoltoio è un’impresa impossibile. Sarebbe
facilissimo, se si accettasse di “ tradire” il lettore anticipandogli i punti-chiave della
vicenda, ricca di suspense e di colpi di scena. Ma è preferibile che il lettore scopra da sé
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