Trist lo straniero |
Piove sempre, fa sempre freddo. Guarnigioni stanche, sfiduciate, troppo esigue, presidiano |
con poche speranze i confini settentrionali dell'Impero. Dall'alto del grande Vallo i soldati |
guardano le lande desolate e selvagge in mano alle tribù barbare. Sanno che un attacco è |
imminente. Due esploratori vengono mandati, di notte, in ricognizione. Ma i barbari li |
catturano, li costringono a una interminabile marcia nella foresta. E qui, in una radura |
bruciacchiata, i due prigionieri incontrano, invece della morte, un altissimo pesce |
d'argento e il dio che lo abita. Ma è un dio che somiglia a un uomo, che si esprime a gesti |
e frasi smozzicate, che chiede con l'angoscia nella voce se è vero ciò che dicono i |
barbari: che i Romani sono i soli a poterlo aiutare, i soli a conoscere la tecnologia |
moderna, a saper riparare un'astronave precipitata sul pianeta sbagliato. |
Tellini |