Confessioni di un artista di merda
Confessioni di un artista di merda è uno dei romanzi di Dick che non affronta temi
fantascientifici, e in cui piú si evidenzia quell'atmosfera sospesa tra il dramma e il
divertimento surreale tipica delle sue opere migliori. Con una galleria di personaggi
magnificamente dipinti, lo scrittore ci porta nella California della fine degli anni Cinquanta,
dove si muovono quattro grandi protagonisti: Fay Hume, una donna bella, aggressiva e
materialista; il marito Charles, un self-made man che possiede una casa di lusso e una
proprietà di dieci acri, totalmente incapace di rapportarsi con la moglie; Nathan Anteil, un
giovane e smarrito intellettuale; infine il fratello di Fay, Jack Isidore, l'artista del titolo, il
personaggio piú affascinante del romanzo. Jack è un collezionista di vecchie riviste di
fantascienza, crede negli UFO, in Atlantide, nella Terra Cava, nelle percezioni extrasensoriali
e nell’imminente fine del mondo. È un personaggio che affronta la vita a modo suo, con una
fede caparbia e soprattutto poetica, sancita nel memorabile incipit: «Io sono fatto d’acqua.
Non ve ne potete accorgere perché faccio in modo che non esca fuori. Anche i miei amici
sono fatti d’acqua. Tutti quanti. Il nostro problema è che non solo dobbiamo andarcene in
giro senza essere assorbiti dal terreno ma, anche, che dobbiamo guadagnarci da vivere».
Isidore è davvero, come in seguito lo descrisse Dick, «uno degli stupidi amati da Dio», ‘eroe’
di un toccante romanzo in bianco e nero che anticipa una sensibilità che oggi ritroviamo in
film come L’uomo che non c’era dei fratelli Coen, in cui un’epoca, il delicato tramonto degli
anni Cinquanta, viene riscoperta attraverso lo smarrimento sbigottito dell’individuo di fronte
alla Storia e alla vita.
Vegetti