Ubik, mio signore
Philip K. Dick si ripresenta più in forma che mai. L’autore che come pochissimi altri — e in
tal senso è consentito un ideale accostamento a Ballard e Cordwainer Smith — è riuscito
a creare un intero microcosmo esistenziale connotato alla perfezione, sembra avere
approfondito ulteriormente gli spunti geniali e dissacratori che lo contraddistinguono. Ubik,
miracoloso ritrovato scientifico, ente primo e Fattore dell’Universo, deodorante e nuovo
modello di reggiseno, maschera dietro la sua apparente e polivalente assurdità l’oggetto
medio di consumo e la presenza ossessiva di una divinità cercata e introvabile. Anche Joe
Chip, protagonista quasi a malincuore del romanzo, appare alla ricerca di qualcosa che lo
aiuti ad uscire dalla situazione apparentemente assurda nella quale lo ha immerso la morte
del suo principale, Glen Runciter, titolare della Runciter Associates, una delle migliori
associazioni anti-psi dell’intero mercato mondiale. I suoi migliori amici sono uccisi in modo
inumano, la voce spettrale di Runciter spunta dai telefoni e la realtà incomincia a
logorarsi, a mostrare la sua trama consunta. Ma Runciter è veramente morto?
Tellini