I nostri amici di Frolix 8 |
Tra gli autori fantascientifici, Dick è quello che, credo, più di ogni altro ha il diritto di |
vantarsi di non avere mai sbagliato un romanzo, I racconti potrà anche sbagliarli, |
soffocato entro uno spazio che non gli si addice: ma quando si tratta di costruire un |
torvo, complesso panorama del futuro, Dick non fallisce. Le sue strutture sono |
esteticamente singolari: in apparenza paratattiche, si risolvono in prospettiva in una |
ipotassi articolata e rigorosa. Vale a dire, se a prima vista i suoi romanzi appaiono come |
pazienti mosaici di episodi vissuti da personaggi indipendenti, alla fine, grazie a sottili nessi |
causali, ci si trova di fronte ad una costruzione logica inclusiva e completa. Anche in |
questo romanzo si ritrovano le caratteristiche più provocatorie e più interessanti di Dick: |
l’uso sprezzante dei temi di fondo appartenenti alla sottofantascienza (l’invasione degli |
extraterrestri, per esempio), reinterpretati e strumentalizzati per offrire una soluzione |
nuova e insolita; la passione per le strutture aperte, e anche questa volta la vicenda non |
avrà una conclusione, resterà spalancata sul tempo lasciando al lettore il diritto e |
l’impegno di ipotizzare gli svolgimenti futuri; l’attenta rappresentazione del mondo dei |
mediocri, entrati in contatto per misteriose predestinazioni con le classi dirigenti di una |
società anomala; e il solito paio di convincenti ritratti di personaggi nevrotici e |
interessanti, l’instabile Gram, per esempio, la piccola, sfrontata e commovente Charlotte |
Boyer, E, come sempre, Dick spreca con inesausta generosità motivi che un altro scrittore |
tesaurizzerebbe avidamente per crearne un romanzo intero, li confina al ruolo di elementi |
di contorno. Basterebbe ricordare la tragicommedia meditata e non realizzata da Gram |
nell’Operazione Barabba; il riferimento alla scoperta del cadavere di un essere che forse |
era stato un dio; lo stesso Grande Orecchio, e le facoltà dei Nuovi e degli Eccezionali. |
Quello che forse può preoccupare di più, in questo libro, è invece l’assunto dal quale Dick |
muove: la tematica dell’amore come supremo strumento di realizzazione e di redenzione, |
una tematica consolatoria e in fondo frustrante che tende a minare talvolta la |
consistenza del suo impegno, ma che Dick riesce a rendere accettabile con il ricorso ad |
una abilissima mozione degli affetti, Un’altra obiezione che gli si può muovere è di natura |
storica: fino a che punto si può approvare la soluzione del problema da lui prospettata? |
Fino a che punto si può accettare l’annullamento di un nuovo ramo evolutivo della razza |
umana? Portando alle estreme conseguenze la sua etica, si dovrebbe rimpiangere |
l’estinzione dell’uomo di Neanderthal e del sinantropo, e l’affermazione dell”homo sapiens” |
Tuttavia, lo stesso Dick se ne rende conto, non si lascia fuorviare da facili attrazioni |
demagogiche, e la sua posizione personale verso la conclusione della vicenda appare |
ambivalente, intrisa di profonda pietà, tanto da offrire agli sconfitti il riscatto attraverso |
una dimensione che vuole essere poetica. Ancora una volta, Philip Dick è riuscito a fare |
della sua ambiguità interiore un’atmosfera di inquietudine, e, credo, a contagiarne il |
Tellini |