Fratelli mostri
Non è tanto il fatto che Lester del Rey sia uno scrittore autentico, ma soprattutto la
ricchezza dei suoi argomenti, il fascino di un’antologia dei suoi racconti. Un gioco
virtuosistico? Tutt’altro: Lester del Rey, un’autorità in fatto di musica, religione, biologia,
e mille altre cose, lungi dal conquistarsi solide antipatie per questa sua onniscienza, riesce
ad incantarci col suo affetto non del tutto disincantato per questa nostra umanità piena
di insicurezze e abominevoli errori, ma sempre tesa a un superamento di se stessa, anche
a costo di dover affrontare, tremando, l’orrore dell’ignoto. Sovente si parte dalla Terra, in
questi racconti, senza più ritornare, e nuova vita nasce nello spazio o in altri pianeti, e il
ricordo del pianeta madre scompare. E qualche volta si ritorna, col più vivo desiderio di
essere consolati e protetti, per trovarsi costretti, invece, ad aiutare l’umanità a uscire da
abissi di disperazione. Oppure l’uomo si accorge che l’ignoto è entrato, subdolo, dentro di
lui, e lo sta trasformando, per consentirgli di affrontare nuovi impossibili destini. Vi è la
ricerca di altre razze, nell’universo, di altre intelligenze con cui affratellarsi. A volte la
ricerca ha successo, a volte si conclude con sempre nuove disillusioni. Ma in questo caso,
sia pure nella malinconia della solitudine, Lester del Rey fa balenare la speranza di una
maggiore soliarietà tra gli uomini, di un nuovo modo di vivere. Una science-fiction, perciò,
profondamente interessata all’uomo, all’interiorità, alle sue sensazioni, ai suoi sentimenti. I
racconti di questa antologia sono stati scritti da Lester del Rey negli « anni Cinquanta »,
alcuni hanno quasi vent’anni, eppure non potrebbero essere più attuali. In semplicità,
senza alcuna necessità di acrobazie far mali, ma con una prosa d’una esemplare
chiarezza, Lester del Rey riesce a dimostrare quello che tanti autori hanno inutilmente
tentato: che la science-fiction è una finestra sul nostro futuro, e non su quello delle
Tellini