Jorian di Jiraz |
Il mondo di Novaria inventato da L.S. De Camp è una delle più divertenti creazioni della |
fantascienza eroica: un mondo razionale e ordinato (a modo suo), che giace |
immediatamente “sotto” il nostro, e i cui abitanti credono negli dèi, nella magia e nella |
reincarnazione (i cattivi, ad esempio, vengono a reincarnarsi nel nostro, e per punizione |
devono servire macchine complicatissime). |
I nostri lettori hanno già incontrato il curioso scenario novariano nel romanzo La torre di |
Goblin, e sanno già che gli dèi di Novaria sono capricciosi e millantatori, che gli incantatori |
finiscono col trovarsi il più delle volte con un pugno di mosche e che politicamente vi |
trionfa la più seria anarchia. In questo nuovo romanzo, De Camp ci narra una seconda |
impresa del re cantastorie e dei suoi bizzarri compagni, impegnati questa volta in una |
avventura che fa perno su un regno, un assedio, due orologi e - perché no? - una |
sacerdotessa. |
Era l’Ora della Capra, il tredicesimo giorno del Mese dell’Unicorno, nella città di Orynx, nella |
taverna del Mammut Scarlatto. Un giovanotto magro, vestito con frivolezza, era fermo al |
bancone e teneva d’occhio la porta. Dall’altra parte del locale, un uomo robusto, vestito |
sobriamente di nero, teneva d’occhio il giovanotto. Poi la porta si spalancò ed entrò un |
uomo alto, dalla faccia segnata da un colpo di spada. Indossava abiti da sterratore, ma il |
suo portamento era quello di un guerriero. |
Il giovanotto azzimato e l’uomo robusto, entrambi nello stesso istante, riconobbero il |
famoso Jorian: il re fuggiasco la cui vita era legata a un filo... e alla forza sottile di |
un’antica profezia. |
Viviani |