Le sabbie di Marte
Questo romanzo, che inaugura la collana di Urania nel 1952, pone esplicitamente il
problema del rapporto fra fantasia e realtà scientifica. Se la scienza dimostra, per
esempio, che su Marte la vita non esiste, sono ancora leggibili le avventure marziane
escogitate da scrittori pieni d’immaginazione? Nel 1952 il primo Sputnik era ancora di là da
venire, e lo sbarco lunare, teletrasmissioni ”in diretta” dal pianeta rosso, sarebbero
apparse ai più come ingenui sogni. Clarke scriveva contro corrente, contro lo scetticismo
e l’indifferenza del mondo scientifico di allora. E per di più, scriveva bene. Le sue ipotesi
erano plausibili e stimolanti, basate su solidi fatti e acute osservazioni. I suoi personaggi
erano credibili, le beghe burocratiche e finanziarie della colonia marziana, le ambizioni e le
lotte di potere, i contrasti fra Terra e Marte, erano un modello di realismo, di
verosimiglianza. E il colpo di scena conclusivo è ancor oggi perfettamente accettabile. La
scienza può averlo smentito nei particolari. Ma nelle grandi linee aveva ragione lui, sia
come pioniere scientifico, sia soprattutto come romanziere.
Tellini