L'inverno senza fine
La fantascienza inglese si è sempre mostrata sensibile al fascino del filone “catastrofico”,
ovvero a quel genere di storie che ipotizza una violenta alterazione dell’ambiente che ci
circonda, e ha spesso saputo trarne opere di grande vigore
senza scadere in banali effetti orrorifici.
“L’inverno senza fine” di John Christopher può giustamente essere considerato uno dei
punti fermi di tale genere, grazie all’attenta analisi psicologica che consente all’autore di
tratteggiare una non troppo fantastica scomparsa della società
moderna quale oggi la conosciamo. Dinanzi al gelo incalzante che stringe nella sua morsa i
paesi situati all’esterno dei due Tropici, l’unica possibilità di salvezza è offerta da quei
territori che solo da pochi decenni si sono liberati dal
colonialismo, e com’è prevedibile la situazione non si presenta particolarmente gradevole
per i profughi “bianchi”; nell’ambito di una nuova <i>apartheid</i> che ricorda anche
troppo da vicino quella “vecchia”, si muovono ormai spenti gli
antichi conquistatori, all’ombra di una dipendenza che già oggi non è difficile scorgere
all’orizzonte della nostra società.

John Christopher è lo pseudonimo dello scrittore inglese Christopher Samuel Youd, nato
nel 1922. Autore di numerose opere di fantascienza, nonché di diversi libri per
ragazzi, è considerato l’erede migliore di John Wyndham. Il suo romanzo “No Blade of
Grass” (1956), è stato trasportato sullo schermo dal regista Cornel Wilde nel 1970. Fra le
sue opere migliori, ricordiamo i romanzi “The Year of the Comet” (1955), “The Possessors”
(1964), e l’antologia “The 22nd Century” (1954).
Fabriani