L'inverno senza fine |
Nel mondo della science fiction, la posizione di John Christopher è piuttosto particolare, |
sotto alcuni punti di vista. Difficilmente viene citato nella pattuglietta dei massimi autori |
britannici specializzati, ma basta fare il suo nome davanti a uno scrittore o a un lettore |
preparato (parlo in questo caso specifico di scrittori e di lettori inglesi) per dare |
automaticamente l’avvio a parole di elogio senza mezzi termini: la non inclusione di |
Christopher nella cerchia dei grandi specialisti è dovuta, sempre, al fatto che Christopher |
sta sul confine tra la science fiction e la narrativa del mainstream, alla cui cerchia viene |
talvolta ascritto. E’ comunque notissimo, in tutto il mondo, il suo romanzo The death of |
grass, conosciuto anche sotto il titolo di una diversa edizione, No blade of grass. Non |
appena il cinema cominciò a vedere la sf non più in funzione di extraterrestri confezionati |
con trippa e polistirolo espanso e di lucertole trasformate in dinosauri grazie a trucchi |
fotografici, la Metro Goldwin Mayer si accaparrò i diritti per la riduzione cinematografica |
del romanzo sborsando la cifra di centomila dollari, un po’ più di sessanta milioni di lire: il |
film, tuttavia, non è stato ancora realizzato. Il romanzo, d’altronde, si guadagnò una |
lunga citazione nel fondamentale saggio di Kingsley Amis, che (sebbene mi riferiscano che |
alcuni critici bahutu o perengani tentino ad arte di minimizzarlo per giustificare la propria |
trascorsa ignoranza) resta pur sempre lo esempio più serio e organico di esame globale |
della science fiction fino ad ora compiuto. Amis scrive a proposito di The death of grass |
una frase che vale la pena di ricordare, anche perchè è perfettamente attuale anche in |
rapporto a L’inverno senza fine: Viene così formulato, con apparente semplicità, un |
teorema sulla natura umana... il compromesso è tanto inevitabile quanto distruttivo, e io |
lo cito qui perchè assolve una delle possibilità della fantascienza come genere letterario: |
quella di essere un foro se non un podio da cui discutere problemi come quello di ciò che |
potrebbe succedere se la nostra società si sfasciasse. Ad ogni modo, non disponiamo di |
nessun altro sbocco... Ripeto di non ritenere che questi interessi siano l’indice d’uno stato |
di grazia morale o letteraria ma non li ritengo irriconciliabili né con l’una né con l’altra.. |
Esatto per No blade of grass, questo giudizio lo è altrettanto per The world in winter. |
Quante volte, nella fantascienza, ci siamo trovati di fronte a una Terra soverchiata da |
una catastrofe naturale o addirittura, come in questo caso, coperta di ghiacci eterni? Il |
gimmick, la trovata, nella sua sensazionalità era stata scoperta ai tempi in cui Amazing |
camminava ancora con il girello e in Italia circolava, su un settimanale per ragazzi, la |
vicenda della lotta di Rebo e dei saturniani contro il nostro pianeta. Ma Christopher, a |
differenza di quasi tutti gli autori del passato e del presente che hanno prediletto questo |
genere «catastrofico» ignora gli aspetti clamorosi ed esteriori del fenomeno; ciò che gli |
interessa è l’influenza che le conseguenze di tale fenomeno hanno sulla società, e ancora |
più sugli individui: così, non indulge neppure ai brani cronistici e orripilanti frequenti nei |
romanzi di questo tipo, anche in quelli di un serio professionista come C. E. Maine, e non |
sbriglia la fantasia alla ricerca di sfondi agghiaccianti, come farebbe quel buon autore, in |
bilico tra fantascienza e fantasia nera, che è Jimmy Ballard. Nel suo Inverno senza fine, |
che potrebbe entrare senza alcuna fatica in una collana di varia narrativa per l’impegno |
dei ritratti psicologici (ammesso che debba essere un vanto per un’opera di fantascienza |
l’essere equiparabile a un romanzo del mainstream, il che tuttavia è discutibile) |
Christopher si preoccupa soprattutto dei problemi che l’abnorme situazione mondiale |
impone a un bizzarro quartetto cui sembra incombere, allusiva, l’ombra di Jules et Jim, il |
famoso e famigerato film di Goddard. Lo strano rapporto a quattro fra Andrew, Carol, |
Madeleine e David, che può sembrare urtante a prima vista, specie alla mentalità latina, |
trova una giustificazione nelle pressioni anomale che l’ambiente rivoluzionario esercita su |
di loro; nasce una diversa morale, le lealtà patriottiche e razziali si sovvertono, si |
smussano, e se alla fine risorgono, risorgono per impulsi negativi, la rinascita d’un |
indomabile orgoglio britannico e per un amor proprio malinteso. Con scarsa pietà, |
Christopher affronta il problema degli errori del colonialismo bianco, e lungo la strada |
critica l’insorgere d’un razzismo alla rovescia, cui concede tuttavia la giustificazione di una |
rappresaglia, sia pure non meritevole di approvazione. Andrew, il protagonista del |
romanzo, è un debole, un irresoluto, incapace di conservarsi dapprima l’affetto della |
moglie Carol, e poi incapace di trattenere presso di sé Madeleine, in cui pure ha |
riconosciuto l’unico autentico affetto della sua esistenza; incapace di bloccare la frana di |
indifferenza che gli alienerà i figli, incapace di ribellarsi alla personalità di David che prima |
gli ha tolto Carol e poi gli ha ripreso Madeleine con una astuzia forse involontaria, facendo |
appello all’abnegazione di lei: e sarà soltanto un avvenimento inatteso che provocherà, |
alla fine, un assestamento definitivo, anche se inquinato da un tradimento. L’unico |