Il problema della libertà
Il mondo della science-fiction pullula di autori i quali, dopo un esordio eccellente, o
scompaiono o rimangono relegati in una specie di limbo amorfo, ancorati ai canoni
commerciali o alle pretese dei direttori di collana e de i pubblico che esigono sempre nuovi
lavori. Ci sono invece autori che, in una lunga carriera di onesto e decoroso
professionismo, riescono a trovare il colpo di ala, a creare il capolavoro. Ci sono infine
coloro che non arrivano neppure a questo punto, che sviliscono idee a volte ottime per la
fretta e per i compromessi con un commercialismo esasperato al massimo. Insomma,
autori dalle ottime possibilità, pieni di buone idee, che giungono al momento “x” della
carriera, il momento del capolavoro, lo abbozzano, iniziano la stesura.., e creano dei
centoni innominabili. Tanti esempi, alla rinfusa, nelle varie categorie: Robert Silverberg,
promessa a vita, Jim Ballard, il quale provoca violenti attacchi d’ira in tutti gli esperti (con
quelle qualità, perchè ancorarsi ai canoni orrorifici ed esoterici?), il pur dignitoso Poul
Anderson, il Miller jr. di gran parte dei racconti precedenti e seguenti A Cantide for
Leibowitz, il Clarke preoccupato di volgarizzare (nel senso buono) la scienza (con l’unica,
stupenda evasione de’ The city and the Stars) e tanti, tanti altri, fra i quali Jack Sharkey
il quale ha recentemente ridotto una ottima idea, nel suo romanzo Ultimatum in 2040 A.D.,
a uno dei compromessi più sconcertanti e arruffati della intera narrativa fantascientifica.
Senza dimenticare i tonfi più o meno clamorosi degli scrittori famosi, il cui esempio più
recente e sconcertante rimane Farham’s Freehold di Heinlein. Ci sono poi autori i quali, al
contrario, scrivono pochissimo e rimangono perciò quasi ignorati. E spesso sono migliori.
Tra di essi, uno dei primi posti spetta a Louis Charbonneau. Malgrado la lettura dell’ottimo
...E su di noi le stelle, e la conseguente rilettura dei due romanzi fantascientifici
precedentemente scritti dall’autore americano, eravamo tentati di classificare
Charbonneau tra le meteore, tra gli esempi anche celebri che abbiamo fatto in
precedenza. Ma poi scoprimmo il recentissimo Psychedelic 40, avemmo modo di giudicarlo
ed... eccolo qui. a soli sei mesi di distanza dalla pubblicazione di The sentinel stars (uno
dei più grandi successi dell’annata 1965 di Galassia) a sanzionare la definitiva
consacrazione di Charbonneau fra i grandi autori della migliore science-fiction. Sotto molti
punti di vista Il problema della libertà è un romanzo esemplare. Soprattutto per il modo
assolutamente nuovo di sviluppare un tema apparentemente già sfruttato, quello dei
poteri paranormali, che, se nelle mani di uno science-fictioneer di classe minore si
riduceva a un “giuoco delle meraviglie” o a un semplice suspense, qui permette a
Charbonneau di esaminare al microscopio una società americana nella quale la droga porta
a un’esasperazione dei difetti attuali, in un’audace gioco degli specchi che ingrandisce
senza deformare, che riflette senza abbellire e che, soprattutto, propone e risolve nel
corso di una partita giocata abilmente con il lettore senza sfruttare i mezzi più discutibili
del mestiere e dell’ipocrisia. La trama è, in apparenza, molto semplice: nell’America degli
anni novanta il Sindacato della Libertà mentale si è praticamente impadronito del potere,
esercitando un monopolio esclusivo sulle droghe psicoattivanti, derivanti dello PSI-40,
capaci di fornire a chiunque un paradiso artificiale, esasperando gli appetiti sessuali,
donando una piena comprensione della natura, perfino risolvendo i problemi religiosi degli
individui. Il Sindacato è retto da un Direttorio i cui membri sono Speciali: la loro reazione
allo PSI-40 è, cioè, diversa da quella erotico - allucinatoria della maggior parte della
popolazione, e permette loro di godere di straordinari poteri paranormali (telepatia,
telecinesi e abilità ipnotica). Il Direttorio è diviso da una lotta intestina per il potere
quando il Presidente, il vecchio Garth Taylor diventa ormai troppo debole per tenere in
pugno la situazione. La lotta si svolge tra il capo della Sicurezza, il gelido Loren Garrett, e
Pierce, direttore del Servizio di Distribuzione. Jon Rand, il protagonista, è un Sensitivo: un
individuo cioè le cui reazioni alla droga non sono erotico-allucinatorie, ma non arrivano
neppure alla completezza e vastità di poteri degli Speciali Agente della Sicurezza,
creatura del Sindacato nel quale è entrato in giovanissima età, Rand viene inviato in
missione a Baja, il lussuoso centro di villeggiatura americano, sulle tracce del più
preoccupante oppositore del Sindacato: uno Speciale, Kemp Johnson, che si nasconde
sotto il bizzarro pseudonimo di Guastafeste. Queste sono le premesse da cui parte il
romanzo. Un altro autore avrebbe potuto sviluppare un racconto a forti tinte,
concentrandosi sulla lotta, sull’intreccio, distribuendo sorprese a ogni pagina e morti
ammazzati in ogni capitolo. Charbonneau, pur dimostrando un’infernale congenialità con il
genere suspense, ha fatto molto di più. Ha fornito un’interpretazione del tutto nuova
dell’argomento, probabilmente la prima da dieci anni a questa parte, e ci ha presentato i
suoi ormai famosi ritratti della civiltà futura, senza mai cadere nella banalità, nobilitando il
Primo Precedente Avanti Ultimo