Noi
"Per annientare il diavolo è permessa, si capisce, qualsiasi alterazione della verità - e così il
mio romanzo scritto nove anni prima, nel 1920, è stato presentato come la mia ultima opera.
È stata organizzata una persecuzione quale non si è mai avuta nella letteratura sovietica."
Tratte dalla lettera che Evgenij Zamjatin (1884-1937) spedì a Stalin nel 1931 nel tentativo di
vedersi commutata in esilio quella "privazione della possibilità di scrivere" che pesava sul suo
animo come una "pena di morte", queste parole sono la testimonianza della dura censura che
colpì "Noi", l'avveniristico e lungimirante atto d'accusa contro la spietata e progressiva
diffusione del taylorismo nella società sovietica e la morsa totalitaria in cui la Russia sarebbe
rimasta strangolata sotto il regime di Stalin. Nella città di vetro e di acciaio dello Stato Unico
gli individui sono ridotti a numeri e vivono nel rigoroso rispetto dell'autorità del Benefattore,
garante assoluto di una felicità "matematicamente" calcolata. Non esistono né vita privata né
intimità. Le pareti degli edifici sono trasparenti, e anche il tempo dell'amore è scandito da
orari e modalità rigorose. Scritto in forma di diario tenuto dal costruttore di una macchina
spaziale, l'Integrale elettrico, che avrebbe il compito di esportare in tutto l'universo "il
benefico giogo della ragione", "Noi" incarna una delle più sofisticate e lucide anti-utopie della
letteratura novecentesca.
Vegetti